(foto LaPresse)

L'alternativa a essere moglie e madre? Darsi alla lotta libera

Antonio Gurrado

La storia di due ragazze diventate lottatrici per esaudire il desiderio del padre è cosa ben diversa dall'emancipazione

 

Donna, partorirai con dolore – a meno che tu non decida di darti alla lotta libera. Il CorSera racconta oggi con grande entusiasmo la storia di Babita e Geeta Phogat, figlie di un lottatore dilettante deluso dal non avere avuto figli maschi. In mancanza di eredi che potessero seguire le sue orme con miglior destino, il signor Phogat ha deciso di sopperire con quel che passava il convento: ha convinto Babita e Geeta a tagliarsi i capelli e ad allenarsi duramente fino a che una delle due non è riuscita a ottenere una medaglia d’oro ai Giochi del Commonwealth, un bronzo ai Mondiali e la qualificazione alle Olimpiadi di Rio.

A me sembra la storia sordida di un uomo incapace di vedere al di là delle proprie ossessioni, e che ha scambiato la rivalsa sul proprio fallimento per la realizzazione dei desideri delle figlie. Al Corriere sembra invece una storia esemplare di dominio sul proprio destino, poiché “l’alternativa, per Babita e Geeta, era quella di essere mogli e madri”. Pare infatti che, a causa della stranezza delle inclinazioni cui il genitore ha voluto condurle, nel loro villaggio rurale sperduto nel nord dell’India nessuno abbia intenzione di impalmarle. Sposarsi? Avere figli? Destino ben triste in effetti, se paragonato al conciarsi come maschi e andare in giro in canotta aderente a farsi sballottolare per obbedire a un padre frustrato.

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