Matteo Renzi, Sergio Marchionne e John Elkann alla presentazione della nuova Alfa Romeo "Giulia" a Roma (foto LaPresse)

Finire la storia infinita di Alcoa

Redazione
La produzione della nuova Alfa Romeo Giulia permetterà di assumere 3.400 nuovi lavoratori. Un’altra lezione di Marchionne ai pasdaran del sussidio ad libitum.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha salutato il nuovo modello di Alfa Romeo, la sedan “Giulia”, che dice permetterà di assumere 3.400 nuovi lavoratori, come il simbolo del potenziale economico italiano. Al netto dell’accento trionfalistico, la produzione Alfa è fondamentale per soddisfare le ambizioni del costruttore Fiat Chrysler Automobiles di produrre in Italia auto d’alta gamma da esportare. L’obiettivo dell’ad Sergio Marchionne è quello di penetrare nel mercato cinese, “mercato vivace”, proponendo lo “stile italiano” di cui Renzi si fa cantore.

 

La storia del rilancio Fiat by Marchionne – passata in 10 anni dal rischio fallimento al riposizionamento commerciale con la fusione transatlantica con Chrysler e, di recente, con l’esplorazione di un’intesa con Google per sviluppare l’auto senza conducente – dimostra come una sana dose di rischio d’impresa sia il modello vincente rispetto al “sussidio ad libitum” che i tanti detrattori del manager abruzzo-canadese avrebbero invece preferito per la prima manifattura d’Italia. Riconversione, purtroppo, non è stata finora la parola d’ordine per sistemare industrie pesanti, costose e obsolete. Il caso degli impianti di lavorazione dell’alluminio (ex) Alcoa in Sardegna fa parte di una serie imprese tenute in vita con plurimilionari  aiuti di stato (sanzionati dall’Ue) e poi cosparse di sussidi per mantenere lavoratori che avrebbero potuto essere impiegati in settori avanzati. I denari potevano essere investiti in business promettenti – Marchionne docet – mica per galleggiare. Renzi ora anticipa “novità” su Alcoa. La novità, per essere “nuova”, dovrebbe essere che Alcoa sparisse e diventasse altro, con strategia.