A Natale tutti (i Tory) al party di Murdoch. Ma non era finito?

Paola Peduzzi
Murdoch ha sempre mantenuto un buon rapporto con il governo conservatore, soprattutto con Osborne, ma era dal famoso party del 2011 a Kensington Palace che non organizzava un evento così a Londra.

Milano. Il party di Natale è iniziato alle sei del pomeriggio del 21 dicembre, in un appartamento tra il Ritz e il St. James’s Palace, con la terrazza che dà su Green Park. E’ la casa londinese di Rupert Murdoch. Buona parte del governo conservatore era stata invitata e si è presentata festosa, il premier David Cameron, il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, il ministro della Cultura John Whittingdale (che si occupa tra le altre cose di regolare il mercato dei media), la sottosegretaria per l’occupazione Priti Patel, ma anche direttori e opinionisti di testate conservatrici – oltre naturalmente a Rebekah Brooks, tornata a lavorare a News International dopo essere stata scagionata dalle accuse relative allo scandalo delle intercettazioni del gruppo, e Jerry Hall, neofidanzata di Rupert Murdoch (mancavano Boris Johnson e Michael Gove, star del partito conservatore, pare fossero fuori Londra, altrimenti, come ha detto una fonte anonima di News Corp. al Guardian, “non avrebbero mai rifiutato l’invito dell’anno”). Era dal famoso party del 2011 a Kensington Palace che Murdoch non organizzava un evento così a Londra.

 

Rupert Murdoch ha sempre mantenuto un buon rapporto con il governo conservatore, soprattutto con Osborne, ma si era raccontato che il legame con Cameron si fosse sfilacciato dopo l’istituzione dell’inchiesta Leveson, voluta dal premier in seguito allo scandalo delle intercettazioni che nel 2011 diede un gran colpo all’impero mediatico del tycoon australiano. Che il distacco fosse vero o no non è dato saperlo per certo, quel che è chiaro è che tutto si è ricomposto, nel mondo di Murdoch e nella sua relazione con la politica britannica (fa eccezione l’amicizia finita con l’ex premier laburista Tony Blair, ma quella è una faccenda personale, essere uomini di mondo non basta a risolverla). Il Guardian, che è stato il giornale più battagliero nei confronti di Murdoch – ha denunciato i casi di hackeraggio illegale per anni, ha contribuito alle indagini su Andy Coulson, ex direttore del gruppo poi diventato capo della comunicazione di Cameron, ha fatto lo scoop sulla segreteria telefonica violata della ragazzina uccisa che portò alla chiusura di News of the World e all’inchiesta sui metodi del gruppo, ha annunciato più volte la morte politica di Murdoch, ospitando i cantori della caduta ormai imminente: insomma l’antimurdocchismo è stato creato dal Guardian –, ha pubblicato il “piano in sette punti della restaurazione di Murdoch”, tra ironia e fastidio. Il tycoon ha chiesto scusa per quel che di sbagliato era stato fatto, e “questo secondo gli psicologi è il primo passo verso la ripresa”; ha speso un sacco di soldi, 470 milioni di euro per la chiusura del tabloid domenicale e per il risarcimento delle 377 vittime delle intercettazioni illegali; ha “trovato lavoro a un amico”, che in questo caso non è altro che Rebekah, sempre lei; ha lasciato che le commissioni di inchiesta operassero, ha intanto spaccato a metà la sua azienda, entertainment di qui, giornali di là, ma ora molti pensano che la seconda tranche dell’inchiesta Leveson non arriverà a un risultato finale: Murdoch è tornato, appunto; ha ripristinato l’agenda dei contatti, con incontri sempre più assidui tra il management di News Corp. ed esponenti del governo (il conteggio varia da fonte a fonte, ma sono comunque più che con ogni altro gruppo mediatico).

 

Eccolo qui, dunque, Rupert Murdoch, ottantaquattro anni, una fidanzata famosa che ha 25 anni meno di lui, un anno elettorale americano davanti e un governo conservatore nel Regno Unito con cui va parecchio d’accordo. Bastava vedere le facce dei Tory che, alle nove, lunedì sera, hanno lasciato il party di Murdoch per andare alla festa di Natale del partito al Sexy Fish in Mayfair: resteremmo qui, ma ci tocca.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi