La presidente della Camera Laura Boldrini in visita alla moschea di Roma

Tutte le curiose armi anti Isis dell'Italia pacifista

Redazione
I boots on the ground e i bombardamenti contro lo Stato islamico? Mai! Ecco una lista di tutte le alternative (risibili) che avete potuto ascoltare in Italia: dagli “hacker” della Boldrini ai “corpi non armati” di Grillo

I boots on the ground per combattere lo Stato islamico? Praticamente vietato parlarne in Italia. I bombardamenti dal cielo, come ha iniziato a fare la scorsa settimana il Regno Unito, seguendo Francia, Stati Uniti e Russia? Nemmeno quelli, dice il governo: “Non rincorro le bombe di altri”, ha detto infatti il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervistato dal Corriere della Sera.

 

Che fare, dunque? Gli italiani (pacifisti) sono prodighi di consigli per annichilire lo Stato islamico.

 

Prima arma contro lo Stato islamico: non chiamarlo “Stato islamico”. E’ il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, a guidare la lunga lista di coloro che preferiscono parlare di “Daesh” per riferirsi al Califfato. Laura Boldrini, presidente della Camera, e autodichiarata “presidenta”, ovviamente segue la linea. Non sia mai che ad al Baghdadi si riconosca di aver impiantato uno Stato di fatto (anche se si moltiplicano i reportage e le testimonianze che vanno in tal senso), e non sia mai sottolineare la matrice religiosa della sua dottrina fondamentalista. Meglio “Daesh”, dunque, più corretto e soprattutto politicamente corretto.

 

Seconda arma anti Isis: gli smanettoni del web. A proposito del presidente della Camera Boldrini, ecco la sua ricetta anti Stato islamico spiegata in maniera estesa in una intervista alla Stampa. Premessa d’obbligo: “Dobbiamo combattere e sconfiggere”. Occorre però agire “in modo innovativo” perché “questa non è una guerra convenzionale”, ricorda l’ex portavoce dell’Unhcr, eletta in Parlamento nelle liste di Sel guidata da Nichi Vendola. “L’esperienza di questi giorni conferma il bisogno d’una politica della Difesa e di un’agenzia dell’Intelligence. Ma anche d’una politica economica, industriale, dell’asilo, energetica, digitale”. Vaste programme, direte voi, ma la Boldrini poi scende in dettagli: “Le bombe rafforzano il Califfato”, ergo “è necessario essere più attivi nel contrasto digitale di Daesh, che sul web recluta e addestra”.

 

Terza arma anti Isis: una potente Agenzia delle entrate. Qui la linea l’hanno dettata innanzitutto i cugini spagnoli di Podemos; il partito iberico di sinistra radicale ha riunito un “Consiglio della Pace” per trovare un modo “non militare” di combattere l’Isis. Tra le varie “modeste proposte”, ha offerto ad esempio la sua “competenza in materia di controllo delle transazioni finanziarie” per “tagliare i modi di finanziamento dell’Isis”, oltre che “aiuto logistico” per “tagliare anche la catena di contrabbando di petrolio con cui si finanzia lo Stato islamico”. Podemos sollecita la creazione di un’agenzia fiscale internazionale per investigare sui paradisi fiscali. Ha proposto anche un “piano di inclusione sociale”, per combattere le “sacche di povertà e marginalità di cui si nutre lo Stato islamico”. L’idea di fondo sembra essere quella che l’Isis è semplicemente un frutto avvelenato del capitalismo incontrollato. Roberto Saviano la pensa allo stesso modo, e sul New York Times ha spiegato che combattere l’Isis non significa “combattere l'ennesima guerra il cui unico risultato sarebbe il rafforzamento dei gruppi estremisti e radicali”, ma eliminare le fonti di finanziamento dei terroristi. A partire dalla droga, dice l’autore di ZeroZeroZero e Gomorra, anche se gli stupefacenti non figurano tra le fonti primarie di finanziamento del Califfo: “Se davvero vogliamo trovare un modo per attaccare l’Isis, fermiamoci e osserviamo quello che accade nell’economia mondiale”. Fermiamoci, innanzitutto.

 

Quarta arma anti Isis: la Regione Sicilia. Rosario Crocetta, il governatore della regione Sicilia, in una intervista al Fatto, evidentemente soddisfatto della gestione delle finanze pubbliche dell’isola, si è proposto  come mediatore in virtù della sua competenza linguistica: “Conosco il Corano e l’arabo, mandatemi in Libia a trattare”. Sempre in Sicilia, anche il sindaco di Messina Renato Accorinti, da parte sua evidentemente soddisfatto per come ha affrontato l’emergenza idrica della città siciliana, si dice convinto che “il terrorismo islamico non si sconfigge con le bombe che colpiscono i civili e creano altri militanti per le azioni terroristiche”. Ecco l’alternativa: “Noi crediamo che la politica deve tornare a giocare un ruolo in tutto il Medio Oriente, a partire dalla soluzione del dramma del popolo palestinese”.

 

Quinta arma anti Isis: diplomazia unica via, in streaming. Secondo Gianroberto Casaleggio, guru dei grillini, l’Isis non è che “un’entità astratta”, per contenere la quale dà comunque una ricetta: “Più spesa per l'intelligence, no agli affari con paesi collusi come l'Arabia Saudita, no alla possibilità per l'Isis di continuare a vendere petrolio”.  L’intelligence in verità rientra tra le spese sulla Difesa di cui i grillini hanno chiesto il taglio per finanziare il reddito di cittadinanza: ma tant’è. Dopo aver spiegato nel 2014 che “l'avanzata violenta, sanguinaria, feroce dell'Isis è soltanto l'ultimo atto di una guerra innescata dai partiti occidentali costretti a restituire i favori ottenuti dalle multinazionali degli armamenti durante le campagne elettorali”, il deputato grillino Alessandro Di Battista ha però cercato di dare a quest’astrazione fin troppa concretezza: “Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con cui nemmeno intavolare una discussione”. (Idea però non condivisa da Beppe Grillo: “Così come era sbagliata una Trattativa Stato-Mafia, adesso è sbagliato dialogare con l'Isis e i suoi accoliti”). Precisa l’altro grillino Manlio Di Stefano: “Ci vorrebbe un intervento diplomatico forte. O anche intervenire con corpi non armati”. Fuori dai Cinque Stelle l’invito al dialogo è condiviso da Umberto Veronesi: “Occorre da parte nostra uno sforzo pacificatore, e siamo proprio noi come Occidente a doverlo fare. Sono contrario all’idea di fare guerra all’Isis, perché violenza chiama violenza. Più loro tagliano teste, più noi bombardiamo: qualcuno deve fermare questa catena di azione e reazione e deve farlo con il dialogo e la tolleranza religiosa. L’Isis va ascoltato”.

 

Sesta arma anti Isis: nessuna arma. C’è però pure chi sostiene che l’Isis non va combattuto perché è un semplice paravento. Ad esempio Giulietto Chiesa, già deputato e già negazionista sull’11 settembre, e ora anche sul 13 novembre: “La Francia è un paese terrorista, i suoi servizi hanno armato gli attentatori”. Gino Strada non dà invece ricette. Si limita a dire: “La guerra non solo è uno strumento stupido e crudele, non funziona neanche”.