Il presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini (foto LaPresse)

Sami&Boldrini, gemelle smarrite dell'umanitarismo da Candide

Marianna Rizzini
Quando il migliore dei mondi possibili è impossibile. La strage di Parigi, l’accoltellatore del metrò di Londra, i raid in Siria, il dossier Libia, i barconi, gli scafisti e il duo Marine-Marion Le Pen che stravince in Francia: sono giorni duri per i portavoce Onu, i pacifisti non dubitanti e gli attivisti umanitari.

Roma. La strage di Parigi, l’accoltellatore del metrò di Londra, i raid in Siria, il dossier Libia, i barconi, gli scafisti e il duo Marine-Marion Le Pen che stravince in Francia: sono giorni duri per i portavoce Onu, i pacifisti non dubitanti e gli attivisti umanitari. E infatti Laura Boldrini, presidente della Camera ed ex portavoce Unhcr (Alto Commissariato Onu per i Rifugiati), ieri sulla Stampa rilasciava un’intervista dal tono accorato e dalla linea politica non-interventista (contenuto: no all’opzione militare; le bombe “rafforzano il Califfato; “togliamo loro armi, denaro e web”; “questa non è una guerra convenzionale” e “non c’è pace senza giustizia”). E sono giorni duri, questi, anche per Carlotta Sami, subentrata a Boldrini all’Unhcr (per il Sud Europa) e diventata il volto mediatico dell’emergenza profughi e della gestione flussi-migratori in tempi di Isis e terrorismo (ma sempre nel solco tracciato da Boldrini e con lessico e stili boldriniani). A inizio mandato Sami compariva ancora saltuariamente, da moli ventosi e polverose tendopoli, con sguardo fermo, piglio gestionale e giri di parole strettamente onusiani (anche intervistata da Gad Lerner, molto stimato in area Boldrini). E però oggi il mantra buono per le più varie stagioni dell’emergenza (“dietro i numeri ci sono storie di uomini e donne”) non riesce più a contenere la complessità del tutto. Come gestire dunque la sovraesposizione quando non ci si può più affidare, come fino a poco tempo fa poteva fare la portavoce di Unhcr, al retweet di una frase ecumenica del cantante Mika, alla diffusione capillare dello slogan per la raccolta-fondi o all’entusiastica promozione on line della nuova testimonial Elisa Sednaui, attrice?

 

E si capisce che per Sami (come per Boldrini, oggi dilaniata tra un “sì a Putin” e un “no ad Assad”) doveva essere più facile prima, quando ci si poteva cullare nel sogno dell’Europa-città-aperta, del “tutti insieme appassionatamente”, del “multiculti” di avveniristica armonia e dei confini spariti per incanto dalla carta geografica – al massimo poteva capitare, come è capitato a Sami la primavera scorsa, di litigare con Massimo Cacciari a “Piazzapulita”, su La7 (argomento: gli sbarchi, con il filosofo che a un certo punto sbottava: “Il blocco navale non rientra nella nostra cultura? L’Onu in Africa ci ha fatto le guerre e adesso ci dite che non si possono fare blocchi navali? Ma ci prendete per cretini?”). Sami ribadiva, Cacciari si inalberava, ma poi la portavoce per i rifugiati poteva tornare tutto sommato a proporre a oltranza “visti umanitari”, “carte blu”, implementazione dei ricongiungimenti familiari e “monitoraggi costanti”. Solo che oggi tocca adeguare l’eloquio d’alta astratezza e da portavoce Onu alle più terrigne esigenze della lotta all’Isis. E insomma, a quadro internazionale cambiato, Sami&Boldrini mediaticamente tribolano, e si spencolano sull’orlo del baratro dell’umanitarismo da Candide. Tuttavia procedono, una sui social l’altra sui giornali, una in tv e l’altra a un convegno, gemelle smarrite, ma gemelle per impostazione culturale e aspetto (simile pure il trucco-non trucco sul volto, la camicia in seta da studio tv e il giubbotto a più tasche da viaggio umanitario).

 


Carlotta Sami


 

[**Video_box_2**]E pochi giorni fa Carlotta Sami, già vertice di Amnesty International, già dirigente a Save The Children, già dottore di ricerca in Teoria Generale del Diritto alla Statale di Milano (a quando una candidatura a sindaco?), già cooperante internazionale con lunga esperienza nei campi profughi palestinesi, si è trovata, sempre a “Piazzapulita”, a dover rispondere alla domanda “ma come si fa, oggi, a difendere una politica di apertura totale”? Risposta: “Identificazione” e “accoglienza”, “accoglienza” e “identificazione”. E il coordinamento delle varie intelligence? E le città europee chiuse per guerra?, le chiedevano ospiti e conduttore. E Sami alla fine concedeva che sì, c’era stato in Europa qualche problema a livello di politiche di integrazione, ma lo sgomento nei suoi occhi era quello di chi si trova di fronte al seguente dubbio: non è che il migliore dei mondi possibili che abbiamo disegnato a parole oggi è vagamente impossibile?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.