I candidati repubblicani durante il dibattito trasmesso giovedì sera su Fox (foto LaPresse)

Domande toste e risposte prudenti nel dibattito del Gop

Trump e Fox tengono banco, ma la vincitrice di giornata è Fiorina

Donald Trump ha twittato e ritwittato fino a notte fonda messaggi velenosi dopo il dibattito fra i primi dieci candidati repubblicani, secondo la selezione di Fox News. La sua furia non era diretta agli avversari politici, ma a Megyn Kelly, volto femminile di Fox che ha condotto il dibattito assieme a Bret Baier e Chris Wallace con stile pugnace, ai limiti dell’inquisitorio

New York. Donald Trump ha twittato e ritwittato fino a notte fonda messaggi velenosi dopo il dibattito fra i primi dieci candidati repubblicani, secondo la selezione di Fox News. La sua furia non era diretta agli avversari politici, ma a Megyn Kelly, volto femminile di Fox che ha condotto il dibattito assieme a Bret Baier e Chris Wallace con stile pugnace, ai limiti dell’inquisitorio. Secondo Trump, Kelly non è stata professionale e lo ha attaccato personalmente, è stata ingiusta e viziata, insomma “un disastro”. E’ stata soprattutto la domanda a proposito delle uscite sconvenienti sulle donne a far imbestialire il dominatore dei sondaggi. Quando Kelly gli ha ricordato la volta in cui nel reality Celebrity Apprentice ha detto di una concorrente che “sarebbe bello vederla in ginocchio” lui ha perso interiormente le staffe, e ha riversato la rabbia nel dopo partita. Questo tanto per chiarire chi sono i vincitori percepiti di un dibattito troppo prematuro e con una line up troppo vasta per esprimere vincitori politici: Trump e Fox News.

 

Dai primi rilevamenti Fox ha fatto uno share pazzesco, circa il triplo di quello incassato dal più visto dei dibattiti presidenziali nell’ultima tornata, e l’idea di mettere sotto torchio i candidati della propria parte politica ha messo sale e ritmo al dibattito. Se un altro network avesse impostato le domande in quel modo aggressivo per i repubblicani sarebbe stato accusato di faziosità, mentre i tre hanno avuto campo libero per provocare e mettere alle corde, con riferimenti sempre puntuali a quello che i candidati hanno detto o fatto in passato. Trump è finito nella colonna dei vincitori per il semplice motivo che è stato il candidato che ha occupato più spazio, energie e attenzione, e a questo punto della corsa i contenuti sono secondari, soprattutto per chi ha dimostrato il più totale sprezzo per il senso del ridicolo. Non esiste migliore pubblicità della cattiva pubblicità è il motto warholiano che Trump in questo momento sta cavalcando. Coscienti di questo, i più presidenziabili dei candidati, a partire da Jeb Bush, hanno evitato accuratamente di incrociare le lame con Trump, preferendo la difesa solida nella comfort zone argomentativa piuttosto che l’attacco in campo aperto.

 

Inoltre, Trump è stato l’unico dei dieci candidati a dare una notizia, che non va sottovalutata: se non sarà lui il candidato del partito prenderà in considerazione una corsa come indipendente, e comunque non darà necessariamente il suo endorsement a chi uscirà con la nomination dalle primarie. Potrebbe essere soltanto un ballon d’essai, ma certo la prospettiva che la rumorosa azione di disturbo di Trump si prolunghi anche oltre la stagione delle primarie, contribuendo allo sgretolarsi di un partito già abbastanza sgretolato, non è allettante. Lo spiccare di Trump non significa che gli altri abbiano prodotto performance disastrose. Rubio ha avuto buoni momenti quando si parlava di policy, Huckabee ha dimostrato di padroneggiare bene la retorica televisiva, Cruz in certi momenti è sembrato quasi presidenziale, anche le domande rivolte a lui non hanno scatenato la vis polemica di cui è capace. La lite fra Rand Paul e Chris Christie, con frecciate personali incluse, ha regalato un buon momento televisivo, così come un paio di battute azzeccate di Ben Carson, di cui tutti si sono dimenticati per lunghi tratti.

 

[**Video_box_2**]L’unico indiscutibile vincitore della giornata di dibattito è stata però Carly Fiorina, nel panel per i personaggi secondari tenuto alle cinque del pomeriggio. Nei sondaggi fatica a sfondare la barriera dell’1 per cento, ma nel confronto dal vivo ha menato scudisciate e messo a tacere i più ingessati avversari, presentandosi come l’alternativa all’establishment politico ampiamente rappresentato sul palco. E dire che non avendo mai avuto un incarico pubblico – e avendo corso una disastrosa campagna per il Senato – doveva essere quella meno equipaggiata per l’agone. Alla fine Rick Perry le ha involontariamente dato l’endorsement: “Abbiamo bisogno di un manager alla guida che faccia quello che non è mai stato fatto in questo paese”.