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Ragionamenti fuorvianti e luoghi comuni. Così sulla cannabis si discute del punto sbagliato

Giovanni Maddalena
Curiose le affermazioni dei parlamentari riportate dalle agenzie per sostenere il progetto legge di liberalizzazione della cannabis. “Il mondo cambia e l’Italia resta sempre ultima. Ora colga l’occasione per legalizzare la cannabis” (Nichi Vendola, Sel).

Curiose le affermazioni dei parlamentari riportate dalle agenzie per sostenere il progetto legge di liberalizzazione della cannabis. “Il mondo cambia e l’Italia resta sempre ultima. Ora colga l’occasione per legalizzare la cannabis” (Nichi Vendola, Sel). “Con 8 milioni di consumatori la legalizzazione è già nei fatti”, (Adriana Galgano, Sc). “Un testo che ho sottoscritto convintamente, che affronta il fallimento del proibizionismo e segue l’esempio che arriva a livello internazionale da Paesi importanti come gli Stati Uniti” (Realacci, PD). “La legalizzazione è una questione di giustizia” (M5s). I gruppi di ragioni sono tre e sono ben rappresentati in queste frasi.

 

1.Così fan tutte/i. La ragione per legalizzare le droghe leggere sarebbe che tutti gli altri o i migliori lo hanno già fatto. A parte la falsità del dato – sono pochissimi i Paesi che hanno legalizzato – a me interessa la fallacia del ragionamento. Una cosa non è vera o falsa, buona o cattiva, perché ce l’hanno tutti o perché i “più progrediti” già ce l’hanno. La prima si chiama fallacia ad populum, l’errore di ragionamento che decreta un risultato in nome dell’approvazione generale; la seconda è l’errore per il quale ciò che viene per ultimo è sempre meglio di ciò che viene prima. Che gli ebrei o i kulaki fossero cattivi a un certo punto lo dicevano tutti; i paesi importanti sono stati campioni anche di tanti orrori che hanno inventato e usato prima degli altri, come la tratta degli schiavi a partire dal XVI secolo, la corsa agli armamenti che ha portato alle guerre mondiali, le teorie razziste e le leggi razziali (“un esempio internazionale”? Vorremo mica “restare ultimi”?)

 

2. Essere o non essere. Il secondo tipo di argomenti è quello che ci dice che il proibizionismo ha fallito, dunque legalizziamo. Curioso ragionamento che pone solo due alternative e poi obbliga decidere tra di esse, come se fosse questione di essere e non essere. Come dire: visto che la dieta non ha funzionato, proviamo con il mangiare di tutto. La raccolta delle tasse non ha effetti, perché non provare a non pagarle affatto? La lotta alla violenza negli stadi non ha mai avuto successo, perché non armare gli ultras a più non posso? Il fatto è che le alternative non sono solo due, ed è truffaldino chi lo fa credere.

 

3. Liberi, liberi siamo noi. Rimane il vero argomento, a cui penso si riferissero i M5s: “una questione di giustizia”. Qui la questione è seria. Non quella farlocca del liberalizzare per contrastare meglio – una menzogna per infanti – ma quella profonda della modernità che lega giustizia e libertà di scelta: è giusto ciò che voglio fare se non danneggia gli altri (ma al massimo me stesso). Qui non c’è niente da ridere. Sono due concezioni della libertà che si affrontano: una è quella del liberalismo radicale e individualista, l’estremizzazione di quella appena definita, l’altra – su cui spesso si basa il nostro ordinamento che deve molto a cattolici e comunisti – è quella per cui si è liberi solo quando si fa qualcosa che è bene per tutti perché l’uomo è un animale sociale, relazionale, politico e non esiste nessuna sua scelta di nessun tipo che non incida sugli altri. Su questo sì che sarebbe bello confrontarsi e forse gli schieramenti sarebbero diversi da quelli parlamentari. E’ curioso infatti che il liberalismo dei diritti possa essere sostenuto in nome di un’eredità socialista e comunista che ha sempre sottolineato il valore della società persino sopra quello della persona singola. Ma questa sarebbe ovviamente una discussione lunga e seria, che richiederebbe anche un ripensamento filosofico e ideale dei vari partiti. Troppo, per chi ha fretta di risultati.

 

[**Video_box_2**]A proposito di risultati, per una volta – una delle poche in cui il tema lo permette – non potremmo cominciare dai dati empirici della scienza? Abbiamo 96 università e un centro di ricerca nazionale più svariati centri di ricerca privati. Possibile che non si riesca a stabilire una commissione di scienziati che ci dica se e quanto fa male la cannabis ai singoli e nei suoi effetti sociali? E per una volta, prendere i risultati e valutarli, senza eccessivi pregiudizi, per il famoso bene comune di cui tutti parlano (troppo)? Certo, nessun dato vincolerà la concezione della libertà che è chiamata a leggerli, ma allora sposteremo la discussione su quella invece che su banali errori di ragionamento.

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