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Expo, portali via

Redazione
A poche ore dalla sua apertura, l’Expo fronteggia i soliti problemi dei quali questa parte di mondo ricca e civile non riesce a fare a meno, senza vergognarsi di essere ricca e civile. I problemi, poi, si trasformano automaticamente in “emergenze” regolate dal Giornalista Collettivo.

A poche ore dalla sua apertura, l’Expo fronteggia i soliti problemi dei quali questa parte di mondo ricca e civile non riesce a fare a meno, senza vergognarsi di essere ricca e civile. I problemi, poi, si trasformano automaticamente in “emergenze” regolate dal Giornalista Collettivo. Così, mentre su Milano 2015 marciano i No Expo, e occorre mobilitare migliaia di agenti per garantire la sicurezza dell’evento, i cittadini scontenti, gli indignati permanenti, i pm improvvisati da microfono aperto si alternano nei convegni della “società civile” e nei telegiornali, specie quelli di target elevato (e dunque sempre all’erta su eventuali porcate). C’è chi denuncia “la mancanza delle vie d’acqua che dovevano riconciliare la città con il suo tessuto originario”. Altri, tipo gli agricoltori e i lobbisti del movimento No Canal, insorgono però perché la bretella idraulica Villoresi “minaccia habitat secolari”, nonché i loro orti. Per i comitati delle due ruote si è persa “l’occasione irripetibile” di dotarsi di una “rete europea” di piste ciclabili; stessa cosa i jogger; le “mamme e nonne attive” considerano “una mistificazione” il percorso tematico per bambini. Mancherebbero “itinerari alberati”, “il recupero degli antichi recinti”, “i raccordi con le basiliche”, e quanto al bieco Oscar Farinetti e i suoi  ristoranti, “mettono a rischio il vero patrimonio di osterie a chilometro zero del territorio”.

 

A leggere i blog, a seguire gli hashtag #noexpo e #ExpoFaMale, ad ascoltare certe interviste, sembra che molti nel 2015 preferirebbero non vivere in una moderna, ricca e colta metropoli occidentale, con i grandi vantaggi e gli ovvi svantaggi di Londra, Parigi, New York, ma tornare a cogliere il riso e cibarsi di vino e pagnotta. Già abbiamo l’Expo politicamente correttissima che per tenersi buona Vandana Shiva non può celebrare il made in Italy alimentare né i progressi contro la fame nel mondo, anche a suon di innovazione agroalimentare e Organismi geneticamente modificati, ma deve ripiegare su “nutrizione”, biodiversità e “sovranità alimentare”. Già era insorto il premio Oscar Dante Ferretti per lo snaturamento del suo progetto viario. Già è comunque sospetta un’Expo nata con Letizia Moratti e inaugurata da Matteo Renzi: e meno male che il supercommissario anti corruzione Cantone c’è. Già i ritardi, gli appalti, eccetera: come se a Shanghai, Siviglia, Hannover tutto sia sempre filato perfettamente. Ora, avendo l’Italia già perso l’hi-tech e perfino il ranking Fifa, un po’ di orgoglio per una nostra eccellenza, che è sì anche un grande ricchezza in tutti i sensi, non farebbe male. O almeno un po’ meno di umor nero. E’ così difficile?

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