L'ex capo della Polizia Gianni De Gennario (foto LaPresse)

De Gennaro e i moralisti

Pietrangelo Buttafuoco
Ripassino per gli smemorati che adesso gli dicono “vergogna”. Indagato, nella sua qualità di capo della Polizia, processato e assolto, De Gennaro risulta estraneo alla macelleria messicana perpetrata alla Diaz - di Pietrangelo Buttafuoco

Un aereo atterra a Fiumicino. Proviene dal Brasile ed è il 16 luglio 1984. Occhiali da sole, la faccia deturpata da una recente lavanda gastrica, una coperta arrotolata sulle manette strette ai polsi, spalla inclinata, appare don Masino Buscetta. Scende dalla scaletta dell’aeroplano. Accanto a lui, ci sono due uomini: Giovanni Falcone e Gianni De Gennaro. Falcone è Falcone, il giudice. De Gennaro – la vergogna, secondo le parole di Matteo Orfini, presidente del Pd – è il poliziotto che ha appena portato a termine la missione e segna, con quell’arresto, la storia della lotta alla mafia. E questo è De Gennaro. Senza di lui e la sua sulfurea azione d’investigazione non ci sarebbe stata la sconfitta di Cosa nostra. Senza i suoi primi pentiti – attraverso cui Falcone costruisce l’intelaiatura del processo – oggi non sarebbero in carcere Totò Riina e i suoi corleonesi.

 

Ecco chi è Gianni De Gennaro, è quell’aereo che atterra a Fiumicino. Ed è – i suoi uomini lo chiamano DJ, oggi è presidente di Finmeccanica – il Signor Capo della Polizia che nell’Italia innamorata del commissario Montalbano ha portato il brivido di un solido Fouché. Uomo di concetto, De Gennaro è anche uomo di azione. Nel 1980, da solo, facendosi largo con la pistola, libera trenta persone tenute sotto sequestro nella sede dell’ambasciata belga a Roma. Questo è Gianni De Gennaro. Col ferro in pugno sfonda la porta di un appartamento a Colonia e stana gli assassini del giudice Livatino. Mette le manette a Frank Coppola e Francesco Cossiga, il presidente della Repubblica, se lo chiama al Quirinale per dirgli: “Finalmente la conosco”. Quell’aereo che atterra a Fiumicino consegna ai reporter e agli scatti delle Reflex il poliziotto che in epoca recente Massimuccio Ciancimino ha cercato di mascariare accusandolo di essere stato “avvicinabile da Cosa nostra”. De Gennaro è, nel racconto di Massimuccio, il “Signor Franco” della trattativa stato-mafia. E deve essere contento, oggi, il figlio di Don Vito da Corleone (condannato dopo essere stato processato per calunnia) se uno sprovveduto Matteo Orfini, presidente del partito del signor Matteo Renzi, acchiappando farfalle chissà dove se ne esca trillando questo tweet: “De Gennaro a Finmeccanica è una vergogna”. Evidentemente, Orfini, non sa nulla di quell’aereo che atterra se ritiene di dover dare un risarcimento morale al pataccaro Massimuccio attaccando De Gennaro. E come lui – come il presidente del Pd – di quel volo che da San Paolo porta a Palermo la parola fine per Cosa Nostra, non ne sanno nulla i moralisti. Sono quelli che della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sui fatti di Genova, nel 2001 – fu tortura – ne fanno il pretesto, adesso, per insolentire un servitore dello stato.

 

[**Video_box_2**]Indagato, nella sua qualità di capo della Polizia, processato e assolto, De Gennaro risulta estraneo alla macelleria messicana perpetrata alla Diaz. La responsabilità penale è salva ma la “responsabilità oggettiva”, nella prosa di Sergio Rizzo, ieri, in un severo colonnino di commento sul Corriere della Sera, lo condanna. A una pena non prescrivibile, dunque, se quelle persone – e con loro De Gennaro – sempre secondo la sentenza “non meritano di essere chiamati poliziotti”. Dice ancora Rizzo: “Dopo i fatti del G8 De Gennaro è salito al vertice dei servizi segreti, poi a Palazzo Chigi con Monti. Infine alla presidenza della Finmeccanica con Letta, confermato da Renzi. Con tutto il rispetto per l’ex capo della polizia e i suoi meriti professionali ci permettiamo di insistere: è stato opportuno?”. Questo ha detto Rizzo. E ancora ieri, Massimuccio Ciancimino, avrà sottoscritto. Parola per parola. Facendo ambo con il tweet di Orfini.

Di più su questi argomenti:
  • Pietrangelo Buttafuoco
  • Nato a Catania – originario di Leonforte e di Nissoria – è di Agira. Scrive per il Foglio.