Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi (foto LaPresse)

L'islam républicain preoccupa il cardinale di Parigi: “Utopia pericolosa”

Matteo Matzuzzi

Valls si prepara a combattere “il fascismo islamico”

Roma. Il primo ministro francese Manuel Valls si prepara a combattere “il fascismo islamico” e a cercare di prevenire stragi simili a quella capitata nella ormai ex redazione di Charlie Hebdo attraverso un’iniezione massiccia di islamologia nelle università del paese. Michel Houellebecq con la Sorbona venduta ai wahhabiti sauditi, come narrato in “Sottomissione”, non c’entra nulla: qui si tratta di far sì che la religione coranica dimostri al più presto tutta la sua compatibilità con i sacri valori della République. Per far ciò è necessario, sostiene il premier socialista, che si radichi una sorta di “islam di Francia” che rispetti “rigorosamente” e senza discussioni “i princìpi della laïcité”. Niente di nuovo, visto che lo slogan fu coniato da Nicolas Sarkozy, per qualche tempo impegnato a studiare vari progetti finalizzati ad arginare l’islamizzazione del paese. Un disegno, quello di Valls, che ha lasciato assai perplesso il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi: “Non si fabbrica una religione per via amministrativa”, ha detto in un’intervista alla Croix. Non è mettendo gli universitari a studiare libri di storia dell’islam, insomma, che i burqa spariranno dalle vetrine di Saint-Denis, ormai una enclave musulmana eretta attorno alla basilica dove venivano sepolti i re cristianissimi e taumaturghi di Francia. L’errore, dice il porporato che durante il Sinodo del 2012 sulla nuova evangelizzazione contestò il video sulla travolgente crescita demografica musulmana fatto proiettare dal cardinale Peter Turkson – “questa è una visione manichea che non è la nostra. Non possiamo fare una crociata antislamica”, disse – è già nelle premesse del progetto governativo: “I responsabili politici hanno in testa il modello della chiesa cattolica, che è gerarchizzato, centralizzato. Ma l’islam è un’altra cosa.

 

Capisco la volontà di avere degli interlocutori e di creare organi rappresentativi”, ma la realtà è che non si riesce a individuare un’autorità rappresentativa della frammentata galassia musulmana. Un problema anche italiano, considerato che è questa la ragione per cui mai è stato avviato il procedimento per stipulare un’intesa tra lo stato e l’islam che ricalchi il modello già utilizzato per i rapporti con i buddisti, gli induisti e diversi altri culti. Non è affare dello stato, ha aggiunto l’arcivescovo di Parigi, quello di pensare a costruire modelli religiosi. Soprattutto se il principio ispiratore è quello di rendere tali modelli compatibili con la laicità: “E’ un’utopia pericolosa l’idea che i costumi possano essere trasformati imponendo un insegnamento scolastico sulla laicità. Questa non si può insegnare come fosse la lingua francese o le scienze naturali. Non è una teoria filosofica, ma una pratica di vita comune costruita sul rispetto reciproco. I corsi sulla religione sono una buona cosa, ma non potranno mai sostituirsi alla capacità degli educatori di prendere in considerazione la realtà con cui si trovano a dover fare i conti, e cioè quella di giovani con convinzioni che meritano d’essere ascoltate, forse discusse”. Nessuno, ha aggiunto Vingt-Trois, “riuscirà mai a far rinunciare le persone a ciò in cui credono con il pretesto che la repubblica è laica”.
Matteo Matzuzzi

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.