Pascale Boistard

La ministra che non vuole il velo islamico all'Università spacca la sinistra francese

Mauro Zanon

Interrogata dalla web tv del Figaro a proposito dell’utilizzo del velo islamico nelle università, Pascale Boistard si è detta favorevole a una sua proibizione.

Parigi. “Continuer dans le pas de Najat” Vallaud-Belkacem, aveva dichiarato lo scorso anno, quando da deputata socialista  della Somme è stata catapultata all’Hôtel de Broglie, alla guida del ministero per i Diritti delle donne, in occasione del secondo rimpasto di governo della presidenza Hollande. Presentatasi con aria sommessa e una gonna nera morigerata, Pascale Boistard voleva rasserenare tutti: porterò avanti diligentemente i dossier di Nvb (sì, ora che è ministro dell’Educazione nazionale, anche lei è diventata un trittico vivente e così la chiamano le riviste patinate), resterò al mio posto, non straparlerò, non vi preoccupate. E da quel 27 agosto, giorno della promozione, di lei non si è in effetti mai sentito parlare (tranne per un affaruccio alquanto scomodo secondo cui avrebbe fornito un lavoro fittizio alla sorella all’Assemblea nazionale, e per il sostegno espresso la scorsa settimana a una squadra di calcio femminile, Les Dégommeuses, le cui giocatrici sarebbero state vittime di insulti “lesbofobi”), mentre Najat nei due anni trascorsi al ministero per i Diritti delle Donne era onnipresente nel dibattito pubblico.

 

Ma ecco che lunedì è arrivato, anche per Boistard, lo sdoganamento mediatico. Interrogata dalla web tv del Figaro a proposito dell’utilizzo del velo islamico nelle università, la ministra si è detta favorevole a una sua proibizione, in totale controtendenza con la linea del suo partito e soprattutto di colei che l’ha preceduta, Najat Vallaud-Belkacem. “L’università può far parte di quei luoghi pubblici in cui l’utilizzo del velo…”, ha lanciato Boistard, prima di stoppare il suo discorso, rendersi conto di aver toccato una tematica altamente infiammabile, e cercare di minimizzare la sua forte presa di posizione: “Bisogna poterne discutere. L’università è un luogo dove bisogna parlare di tutto, costantemente. Non sono sicura che il velo faccia parte dell’insegnamento superiore”.

 

Le dichiarazioni, che stanno imbarazzando il governo e soprattutto l’ala giacobina del Partito socialista, trovano d’accordo l’ala conservatrice dell’Ump, che due settimane fa, per voce della neo segretaria per i “valori della Repubblica” Lydia Guiros, ha sostenuto che la laïcité non deve “fermarsi alle porte dell’università”. E ancora: “Il velo è un oggetto di sottomissione delle donne che simboleggia anche l’appartenenza a una religione prima di simboleggiare l’appartenenza alla comunità nazionale. Per questo deve essere interdetto nelle università pubbliche, dunque laiche”.  La legge del 2004, che vieta in tutte le scuole francesi di indossare simboli o indumenti religiosi che ostentino appartenenza religiosa, andrebbe quindi estesa “all’insegnamento superiore al fine di garantire la neutralità religiosa e permettere un insegnamento senza pressione, senza intrusione del fatto religioso”.

 

Eric Ciotti, deputato Ump che già nel 2004 voleva includere le università nella cosiddetta “legge anti velo”, ha appena depositato una proposta di legge per “estendere il principio di laicità agli istituti pubblici dell’insegnamento superiore” per contrastare “la crescita delle rivendicazioni religiose e del comunitarismo”. L“affaire du voile” è nuovamente pronto a monopolizzare il dibattito in Francia come nel 2004, con la prima legge sul “port du voile”, e nel 2010, quando Sarkozy promosse la legge anti burqa, dall’adozione della quale è proibito indossare il velo integrale islamico negli spazi pubblici.

 

[**Video_box_2**]La gauche è ancora una volta spaccata e le dichiarazioni della ministra per i Diritti delle donne non fanno altro che esacerbare le divergenze intestine. L’attuale ministra dell’Insegnamento superiore e della Ricerca, Geneviève Fioraso, si era già espressa sul tema lo scorso anno, dicendo che il velo all’università “non poneva alcun problema”. Valls, allora ministro dell’Interno, si era mostrato meno reticente, ritenendo le proposte dell’Haut Conseil de l’Intégration (Hci) che raccomandavano tra le altre cose l’estensione del divieto del velo islamico alle università “degne di interesse”.

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