Vincenzo De Luca (foto LaPresse)

De Luca, il generale al Sisi del Pd che vince sempre da schifato sicuro

Marianna Rizzini

Gli illustri detrattori (vedi Roberto Saviano) non lo vogliono, piuttosto che vederselo al vertice di qualche istituzione nazionale o locale invitano la gente su Facebook a non votare alle primarie.

Roma. Gli illustri detrattori (vedi Roberto Saviano) non lo vogliono, piuttosto che vederselo al vertice di qualche istituzione nazionale o locale invitano la gente su Facebook a non votare alle primarie, e però poi, una volta di più, devono in qualche modo tenerselo, Vincenzo De Luca, ex sindaco “sceriffo” di Salerno (sindaco per quattro volte, sospeso per effetto della legge Severino dopo una condanna per abuso d’ufficio, tornato al Comune su provvedimento del Tar e poi dichiarato decaduto per aver violato la legge sull’incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di viceministro nel governo Letta). E ora De Luca, candidato più o meno indesiderato del centrosinistra alla poltrona di governatore della regione Campania, ha fatto “maramao” agli orripilati per il suo profilo “law&order” (a Salerno De Luca tuonava dagli schermi delle tv locali contro gli abusivi, contro il “pleibeismo cialtrone”, contro i centri sociali, e a favore di controverse grandi opere salernitane) e soprattutto agli schifati per le sue vicissitudini in tribunale (per concussione o truffa o abuso d’ufficio, ma De Luca il più delle volte ne andava fiero: “L’ho fatto per i cittadini”, meglio questo dell’annegare in un mare di “munnezza”, diceva parlando di siti di stoccaggio provvisorio; “l’ho fatto per salvare gli operai di uno stabilimento in dismissione, e lo rifarei”, diceva a proposito di un capo d’imputazione nei suoi confronti che avrebbe “distribuito volentieri dal barbiere come il Vangelo secondo Matteo, così chi vuole legge e ci passa una mattinata”).

 

Manco fosse la versione campana del presidente ed ex generale egiziano Abdel Fattah al Sisi, boccone di realpolitik da ingoiare contro l’Isis, De Luca “ l’indesiderato” è stato tuttavia votato da settantasettemila e passa elettori di centrosinistra, forse stanchi per le liti nel Pd locale, forse convinti che sia “comunque meglio un decisionista”, forse allarmati per la cosiddetta avanzata di “populismi e nichilismi” che lo stesso Saviano deplora (io come Grillo? Macché, ha detto ieri lo scrittore a Repubblica). E dunque non soltanto i cittadini sono andati in centosessantamila alle urne anche dopo aver letto l’appello dello scrittore di “Gomorra”, magari anche dichiarandosi teoricamente d’accordo, ma hanno messo una croce proprio sul nome dell’uomo che a ogni elezione raccoglie “vade retro” a iosa presso le casematte del rigorismo pro “candidato pulito” e mai inquisito (non importa per che cosa e con quale esito), possibilmente proveniente dalla fantomatica società civile.  E, forse per effetto delle vittorie non gradite ma ottenute in corner, pare non avere più ragione d’essere la vena sbruffona del De Luca d’antan, quello che diceva di essersi recato “personalmente a contrastare” gli ucraini che “scaricavano vagonate” di prostitute sulla litoranea, altresì convinto che “i proletari” veri dovessero “andare a lavorare” invece che “rintronare di decibel” i concittadini con concerti in luoghi abusivamente occupati.

 

[**Video_box_2**]Ai tempi del quarto mandato da sindaco, la vena sbruffona prendeva il sopravvento su quella dell’ex uomo d’apparato, proveniente dal Pci migliorista, con Bildungsroman universitario tra Medicina e Filosofia e apprendistato nell’agro nocerino tra i contadini “vessati dalla camorra”, come De Luca raccontava ai cronisti. Ma oggi, dopo aver vinto la medaglia inattesa, ottenuta fuori casa (cioè a Napoli) e sottolineata con un “grazie per l’adozione”, il De Luca sceriffo si concede conferenze stampa insolitamente pacate, anche se pur sempre improntate alla tradizionale grandeur: “Sarà rivoluzione”, ha detto ieri mentre invitava gli ex avversari e gli elettori tutti “all’unità” e alla “corresponsabilità”, spiegando agli astanti i segreti di una corsa elettorale su cui, diceva, aveva pesato il “voto libero”, “l’elemento soggettivo”, “la spinta ideale e morale”. E chissà se era proprio “spinta ideale” o piuttosto valutazione di realpolitik, quella che aveva portato l’elettore campano a disattendere l’invito alla diserzione del puro tra i puri Roberto Saviano. Fatto sta che il risultato non cambiava: De Luca primo con 77 mila 830 preferenze, e 12 mila voti di scarto sul “rivale” pd Andrea Cozzolino.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.