Il ministro dell'Economia greca, Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Perché la tela di Varoufakis rischia di essere disfatta

Luciano Capone

Sapevano tutti che con l’estensione di 4 mesi del programma di assistenza finanziaria non si era giunti a una soluzione definitiva della crisi greca.

Sapevano tutti che con l’estensione di 4 mesi del programma di assistenza finanziaria non si era giunti a una soluzione definitiva della crisi greca. L’accordo tra la Grecia e l’Europa è servito a mettere nero su bianco alcuni punti fissi: rispetto degli impegni presi e delle riforme fatte, valutazione delle nuove misure del governo prima dell’esborso dei fondi rimanenti. Il braccio di ferro su come raggiungere questi obiettivi però va avanti e il presidente dell’Eurogruppo, l'olandese Jeroem Dijsselbloem, detta le nuove condizioni ai greci per avere i soldi: “Il mio messaggio ai Greci è: cercate di avviare il programma prima che l’intera rinegoziazione sia finita – ha detto al Financial Times – Ci sono elementi che possono essere avviati oggi. Se lo fate, allora a marzo forse ci potrà essere una prima erogazione. Ma questo richiederebbe un avanzamento e non solo intenzioni”.

 

A questo punto del braccio di ferro con Alexis Tsipars e Yanis Varoufakis, Dijsselbloem sa di avere il coltello dalla parte del manico. La Grecia a marzo ha scadenze per 4,3 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi dovuti al Fondo monetario internazionale e il governo è praticamente senza soldi in cassa. Per evitare il default il ministro delle Finanze Varoufakis ha proposto nei giorni scorsi di far pagare il debito con il Fmi alla Banca centrale europea, che detiene circa 2 miliardi di euro di profitti sui bond greci: "Sono soldi nostri, soldi che ci sono dovuti - ha detto a Bloomberg – la Bce potrebbe girare questi soldi al Fmi come pagamento parziale". Ma il presidente della Bce Mario Draghi ha definito le affermazioni di Varoufakis una “credenza popolare”: “La Bce ha trasferito i profitti sui bond alle Banche centrali nazionali, che li hanno trasferiti ai bilanci nazionali. Anche in Grecia, nella misura in cui attuava il programma Ue: sono lì disponibili". Senza soldi in cassa e altri margini di manovra il primo ministro Tsipras è costretto ad attuare misure in netto contrasto col programma elettorale anti-austerity con cui ha vinto le elezioni. Politicamente è un prezzo troppo alto per il governo greco, che già pochi giorni dopo la firma dell’accordo con le “istituzioni” sta cercando di rimetterlo in discussione. Dopo il fallito tentativo di far pagare alla Bce il debito in scadenza al marzo con il Fmi, Varoufakis ha detto è necessario ridiscutere il debito da 6,7 miliardi di euro con la Bce in scadenza quest’estate: “I pagamenti alla Bce sono diversi e dovremmo determinarli in associazione con i nostri partner e le isituzioni – ha dichiarato in un’intervista all’Associated Press – l’accordo riguarda le riforme ed è un nostro imperativo. Allo stesso tempo, e indipendentemente dall’accordo… intendiamo iniziare una discussione con i nostri partner e le istituzioni riguardo la sostenibilità e la rinegoziazione del debito”. Pochi giorni dopo la lunga tessitura che ha faticosamente portato alla sottoscrizione di un accordo in cui si garantivano i creditori sul pagamento di tutti i debiti, Varoufakis e Tsipras disfano la tela e tornano a parlare di rinegoziazioni e ristrutturazioni del debito. Un atteggiamento che cambia poco la sostanza degli accordi, ma che probabilmente mina la già scarsa fiducia nella capacità della Grecia di rispettare gli impegni.

 

[**Video_box_2**]C’è un episodio che forse spiega bene quale sia il livello credibilità nei confronti della Grecia, raccontato al Financial Times da Dijsselbloem. Quando il presidente dell’Eurogruppo ha ricevuto la lettera con cui Atene chiedeva l’estensione del programma di aiuti, ha notato che mancavano impegni fondamentali sugli avanzi di bilancio e la riduzione del debito che erano stati precedentemente concordati: “Ho chiamato Tsipras e gli ho detto, “Guarda, non so cosa sia successo, ma hai inviato una lettera diversa”. E Tsipras era sorpreso, “Com’è possibile?”. Ha controllato. Qualcuno l’aveva cambiata”. Così ora Dijsselbloem dice ai greci che se vogliono i soldi a marzo devono iniziare a far vedere un po’ di fatti “e non solo intenzioni”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali