Un negozio di kebab a Parigi

Tra “kebabophobia” e hamburger gourmet, la Francia teme la sparizione del jambon-beurre

Mauro Zanon

Il New York Times, qualche tempo fa, l’ha chiamata “kebabophobia”, che è insieme il panico da fine baguette nei panifici e il terrore di chi si immagina la tradizionalissima choucroute alsaziana soppiantata dalla pietanza turca.

Parigi. Il New York Times, qualche tempo fa, l’ha chiamata “kebabophobia”, che è insieme il panico da fine baguette nei panifici e il terrore di chi si immagina la tradizionalissima choucroute alsaziana soppiantata dalla pietanza turca. Il “Grand Remplacement”, la grande sostituzione denunciata dallo scrittore réac Renaud Camus, non solo di popolazione insomma, ma anche gastronomica. L’inchiesta del Times, intitolata “La politica francese servita in una pita”, si appoggiava su un articolo pubblicato nel 2013 dal sito di opinioni liberali Boulevard Voltaire, nel quale la giornalista Marie Delarue si proiettava idealmente nella Francia del 2047 quando il chador avrà sostituito il foulard e il döner kebab il jambon-beurre parigino.

 

Dietro il piatto più conosciuto della cucina turca in occidente, sottolineava il Times, si nascondono in realtà molti problemi sociali e soprattutto identitari che affliggono oggi la Francia. Citando gli esempi di Blois, nella Loira, di Beaucaire, nel Gard, e soffermandosi specialmente su alcune dichiarazioni del fondatore di Reporteur sans frontières e attuale sindaco di Béziers, Robert Ménard – “I francesi sono legati alla loro storia, alla loro cultura. Quando la presenza di stranieri è troppo visibile, la gente si sente minacciata. Troppi venditori di kebab rappresentano una minaccia per l’immagine storica e l’identità della città” – il quotidiano newyorchese evidenziava in seguito come non solo nei milieu della destra identitaria, ma più in generale per i francesi il kebab sia percepito come un pericolo, un’insidia. “Ciò che mangiate è ciò che voi siete. Si tratta di un segno identitario”, ha spiegato al Times Pierre Rafard, specialista francese della cucina turca, sottolineando che per la destra lepenista il piatto turco è uno dei principali simboli dell’“invasione dei musulmani”.

 

Il kebab come arma politica, insomma, ed emblema di una crisi identitaria che passa anche per il palato. Il Front national parla di “kebabizzazione della Francia dal basso”, Gilles Kepel, islamologo e collaboratore del Monde, preferisce parlare di “halalizzazione” di interi territori della République (ne ha parlato in maniera dettagliata nel suo libro “Quatre-vingt-treize”, edito da Gallimard), dove i ristoranti francesi tradizionali e le boulangerie hanno chiuso i battenti e spuntano ogni dieci metri ristoranti kebab e macellerie halal.

 

Accanto all’aumento vertiginoso dei venditori di kebab, che certo non hanno ancora sorpassato le pizzerie da asporto, ma secondo molti osservatori, all’orizzonte 2030, potrebbero attestarsi in cima alla classifica della ristorazione rapida in termini quantitativi, si staglia quella che il settimanale Les Echos ha chiamato “La guerre du burger”. Una guerra combattuta tra McDonald’s, Burger King, ritornato in Francia nel 2012, e i burger gourmet di Burger Bar (Quick) e di Buffalo Grill, che pone sotto i riflettori la crisi del jambon-beurre, il sandwich parigino per eccellenza.

 

[**Video_box_2**]L’hamburger è il prodotto faro della ristorazione rapida in Francia, nel 2013 ne sono stati venduti quasi un miliardo, secondo i dati diffusi durante l’ultimo Salon de la restauration rapide. Nel 2000 si contava un hamburger per nove sandwich venduti, nel 2007 uno per sette e nel 2013 uno per due. Ora la guerra degli hambuerger in Francia vedrà un’altra compagine speciale scendere in campo: la catena americana di successo Five Guys, la preferita del presidente Obama, aprirà infatti prossimamente a Parigi, e tutti sono già sicuri che spariglierà la concorrenza con i suoi menù haut de gamme da 15 a 22 euro.

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