Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Di sinistra ma non greci

Il tormentone Syriza è diventato snervante pure per gli eurosocialisti

David Carretta

Trattative ancora in corso tra Atene e Ue. La sinistra europea tra urrà iniziali e nuovi timori (su debito e voti in fuga). Stati Uniti: “Basta incertezze”. Da Padoan a Dijsselbloem, passando per Pittella: le sinistre tiepide con gli intrepidi greci.

Bruxelles. La notte della sua elezione i Socialisti europei avevano salutato Alexis Tsipras come “il chiaro messaggio di rottura con l’austerità imposta dai diktat della Troika” e un’occasione per “portare più giustizia sociale” in Grecia. Il 25 gennaio, mentre i greci festeggiavano il trionfo di Syriza, il presidente del gruppo dei Socialisti & Democratici all’Europarlamento, Gianni Pittella, diceva di essere “pronto a cooperare pienamente con il nuovo governo progressista” di Tsipras. Tre settimane dopo, mentre il braccio di ferro sull’estensione del programma alla Grecia mette in pericolo l’integrità dell’euro, i Socialisti europei sembrano essersi accorti che rivoluzione e riformismo non sono sinonimi, e che il ciclone Tsipras rischia di travolgere la vecchia socialdemocrazia anche in altri paesi. “Tsipras ha assunto posizioni molto radicali che non sono accettabili”, dice Pittella al Foglio, sottolineando che l’Eurogruppo deve trovare un compromesso che “non metta in ginocchio i princìpi e le regole dell’Unione europea, ma venga comunque incontro alle domande dei greci”. Insomma, serve buon senso per “rimodulare gli impegni” chiesti alla Grecia, riducendo l’avanzo primario richiesto dal programma e “orientando le riforme verso i cittadini”, dice Pittella. Secondo la portoghese Elisa Ferreira, europarlamentare tra le più critiche del lavoro della Troika, qualche spiraglio c’è, perché i greci hanno rinunciato alle richieste più radicali come il taglio del debito. Ieri anche l’Amministrazione democratica americana, finora sostenitrice di molte istanze di Atene, ha fatto pressioni affinché la Grecia lavori con Bruxelles e Fondo monetario internazionale: “L’incertezza non va bene per l’Europa”.

 

Il testo preparato dal commissario agli Affari economici, il socialista francese Pierre Moscovici, che dettagliava una serie di concessioni alla Grecia, “deve essere ripreso, perché era molto vicino a ciò che si può realizzare in termini di compromesso”, riconosce la Ferreira. Ma effettivamente c’è anche “un rischio molto serio di rottura tra Tsipras e l’Eurogruppo”. L’agenda del governo greco è “molto provocatoria” e Tsipras ha dimostrato “grande aggressività”. Il dilemma Tsipras per i socialisti europei è profondo. Il suo trionfo in Grecia è “la conseguenza della linea dominante della destra neoliberale”, a cui i socialisti si sono “sempre opposti”, dice Ferreira. Ma “non vuole dire che sosteniamo le politiche” di Tsipras. Il pericolo è che, cedendo al suo ricatto anti austerità, si incoraggi l’elettorato popolare – un tempo zoccolo duro dei partiti socialisti nazionali – a votare per le estreme populiste di sinistra o di destra. Podemos è in testa in alcuni sondaggi in Spagna, come il Front National in Francia. Non a caso, tra i leader socialisti nel Consiglio Europeo, l’iniziale simpatia per il ribelle Tsipras da usare contro Angela Merkel ha lasciato il posto alla preoccupazione per gli effetti sugli altri paesi che potrebbe avere una sua vittoria personale contro la cancelliera tedesca. Matteo Renzi è passato dalle cravatte alle telefonate di “moral suasion”. Il presidente francese, François Hollande, ha rinunciato al ruolo di mediatore. Il cancelliere austriaco, il socialdemocratico Werner Faymann, ha ricordato al premier greco le conseguenze “imprevedibili” del “Grexit” per il suo paese.

 

Dentro l’Eurogruppo, solo il ministro delle Finanze Michel Sapin ha cercato di soccorrere il collega greco Varoufakis. Gli altri ministri socialisti – l’italiano Pier Carlo Padoan, il finlandese Antti Juhani Rinne, il maltese Edward Scicluna, lo slovacco Peter Kazimír – si sono allineati al presidente dell'Eurogruppo: Jeroen Dijsselbloem, un altro membro della famiglia, che in Olanda deve fare i conti con gli ex maoisti all’estrema sinistra e Geert Wilders all’estrema destra. “Né con la Troika, né con Tsipras”, è il messaggio che inviano i socialisti. “Proponiamo cambiamenti senza rottura”, dice Ferreira, rivendicando successi come il piano di investimenti Juncker, la flessibilità di bilancio o il Quantitative easing della Bce. Ma l’appeal di Tsipras resta comunque una tentazione: “Se Tsipras si libera della componente trotzkista e radicale del suo movimento – conclude Pittella – può essere un arricchimento dell’azione” dei socialisti contro l’austerità. Il dilemma non è ancora completamente risolto.