Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Eurogruppo senza accordo

Tsipras fa il capopopolo, ma Atene vs. Merkel è pure una lotta tra capitalismi

Marco Valerio Lo Prete

Oltre Landini. Economisti, finanzieri e politici che puntano sulla Grecia per un euro meno “germanizzato”

Roma. “Un’altra speculazione è possibile”, ha scritto su Mediapart il filosofo francese Michel Feher, lanciandosi in un insolito elogio di Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze greco impegnato in queste ore in un’estenuante trattativa con i partner europei sul futuro della Grecia. Elogio insolito perché esce dallo schema dell’antagonismo tra lavoratori ( buoni e ovviamente greci) e finanza/austerity (grande e ovviamente euro-tedesca), c’entra poco o nulla con l’umanità convocata in piazza a Roma da Fiom-Cgil & Co. a sostegno di Atene. “V per Varoufakis”, scrive Feher, perché il ministro ellenico senza cravatta incarna finalmente “il profilo di una gauche adeguata alle sfide del capitalismo finanziarizzato”. La sinistra occidentale – riformista o radicale che sia – è rimasta a confrontarsi col capitale sul piano del mercato del lavoro, nel frattempo però il capitale si è spostato sui mercati finanziari. Invece Varoufakis, col suo curriculum da economista (iniziò alla fine degli anni 90 all’Università dell’Essex, tra gli insegnanti il liberista Giavazzi), sarebbe adatto alla nuova sfida: “Non negozia, specula”. Così per esempio quando Varoufakis ostenta fiducia sulle trattative a Bruxelles – osserva Feher – le Borse rifiatano. Un’arma in più per convincere le controparti. Ieri in realtà il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, all’Eurogruppo si è detto “abbastanza scettico perché il governo greco non si è mosso” dalle sue posizioni, mentre Atene avrebbe respinto come “assurda e inaccettabile” una prima bozza d’intesa. C’è tempo fino a venerdì. Eppure non mancano gli indizi di un fatto: la disfida greca si configura, più che come una riedizione del duello Davide vs. Golia, come una sofisticata partita interna al mondo capitalistico. Con attori interessati, per interposta Grecia, a fare pressioni sull’Eurozona a trazione tedesca.

 

Vedi per esempio la City inglese. Ieri Wolfgang Münchau, editorialista del Financial Times, ha invitato Atene a non accettare compromessi al ribasso di fronte alle pressioni dei partner (e creditori) europei. Münchau, euroscettico e anti merkeliano, fa leva sul caso greco per porre un problema più grande, quello dell’architettura zoppa dell’Eurozona. Perciò in prima battuta suggerisce  l’introduzione in Grecia di mezzi di pagamento paralleli all’euro per depotenziare la minaccia dei creditori (Iou, “I owe you”, una sorta di “pagherò” legati al gettito fiscale futuro o una moneta elettronica con cui la California ha lasciato fare alcuni pagamenti alla Pa); dopodiché insiste: meglio di un compromesso su “politiche fallite”, c’è sempre l’uscita dall’euro, perfino in maniera disordinata. TTM, tutto tranne Merkel, insomma. Pure Roger Bootle, fondatore della società di analisti finanziari Capital economics, ieri sul Telegraph diceva che “i ministri europei soffrono di un implicito conservativismo che arriva perfino a preservare situazioni di miseria. Visto il punto di partenza della Grecia, un po’ d’instabilità sarebbe una buona cosa”. Bootle, britannico, preferisce il Grexit alla Merkel. Ma è troppo facile scrivere da un paese finanziariamente e fiscalmente poco esposto su Atene, si potrebbe obiettare.

 

[**Video_box_2**]D’altronde il nuovo governo greco, mentre riempiva le piazze europee con efficaci slogan anti Troika, coagulava pure un variegato fronte che in altri tempi non si sarebbe appassionato alle sorti del 2 per cento del pil europeo. Un fronte che accomuna l’opinionista Münchau e il premio Nobel Joseph Stiglitz, secondo cui “immorale” sarebbe il rifiuto di ristrutturare il debito pubblico greco, non l’inverso. Entrambi uniti dall’affiliazione con Inet, think tank voluto da George Soros, finanziere che sostiene la convenienza di un’uscita della Germania dalla moneta unica (Angela Merkel replicò rifiutando di incontrarlo mentre era in Germania). E mentre Paul Krugman fornisce sul suo blog copertura accademica ad alcune tesi di Atene (un avanzo primario al 4 per cento sarebbe depressivo per l’economia), il governo Tsipras ha scelto Matthieu Pigasse, della banca d’affari Lazard (radicata negli Stati Uniti), per essere affiancato nelle trattative tecniche sul debito. Così Tsipras e Varoufakis – che hanno raccolto pure l’endorsement  pesante dell’Amministrazione Obama, da anni critica delle austere scelte tedesche – siedono insomma al tavolo delle trattative utilizzando lessico e strumenti formalmente adeguati, che i partner conoscono. “Un’altra speculazione è possibile”. Tra qualche ora si capirà se potrà essere un minimo vincente.