“La Bbc non ha più testa, non ha più cuore, non ha più anima. Soprattutto, non ha più coscienza”, ha sentenziato lo storico Paul Johnson

Non è più la Bbc

Giulio Meotti

Gli inglesi la chiamano ironicamente “Auntie”, zietta. La Bbc viene considerata nel mondo un modello di ente televisivo indipendente dalle pressioni politiche. Ma in realtà la tv inglese è ormai il simbolo di un linguaggio grossolano e censorio.  

Gli inglesi la chiamano ironicamente “Auntie”, zietta. La Bbc viene considerata nel mondo un modello di ente televisivo indipendente dalle pressioni politiche. Per dirla con Micheal Grade, già suo presidente, “lottiamo per un giornalismo responsabile, di belle vedute, che ha l’obbligo di fornire un’informazione imparziale, con la massima serietà”. Le stesse dimensioni della Bbc e la vastità della sua portata, un enorme monopolio pubblico, un apparato burocratico di tipo quasi sovietico, che non è responsabile di fronte a nessuno, fanno sì che “la verità della Bbc” sia immediatamente creduta.
Qualche anno fa il Daily Telegraph lanciò una rubrica trisettimanale, Beebwatch, una sorta di osservatorio dei vizi dell’emittente inglese, della sua informazione guidata dal pregiudizio politico e ideologico. Non è un problema di differenza di idee. Non è neppure appartenenza politica settaria, è piuttosto uno “state of mind”. Alla Bbc credono davvero di essere superiori antropologicamente. Questo li ha portati a diventare la bandiera di un politicamente corretto perbenista e censorio, fino al ridicolo.

 

Lo ha spiegato bene il settimanale Spectator: “In un qualsiasi dibattito alla Bbc fra un bianco e un immigrato di colore; fra un maschio e una femmina; un borghese e un proletario, fra un eterosessuale e un omosessuale, un credente e un ateo, fra un cristiano e un musulmano, fra un industrialista e un ecologista, fra un soldato e un pacifista, fra un euroscettico e un tifoso del regime di Bruxelles, si può stare certi che il secondo protagonista l’avrà sempre vinta, grazie all’editing della regia, con la complicità dell’anchorman (o woman!), lasciando sempre il primo nella posizione dell’antipatico, dell’anacronistico o addirittura dell’oppressore”.

 

“La Bbc non ha più testa, non ha più cuore, non ha più anima. Soprattutto, non ha più coscienza”, ha sentenziato, con foga da Savonarola, il grande storico Paul Johnson. Nel 1994 la tv inglese arrivò a censurare i sordomuti, ritenendo i loro gesti “offensivi”. Via gli occhi dilatati con le dita per dire “cinese”, via la mano moscia per dire “omosessuale”, via l’indice in verticale sulla fronte (lo spillo sull’elmo del Kaiser) per dire “tedesco”, via il naso schiacciato con la mano per dire “negro”, via quella rapida spolverata della spalla per dire “irlandese”, potrebbe indicare che si vuole eliminare qualcosa di sporco.

 

Adesso la Bbc, attraverso il responsabile del servizio arabo dell’emittente britannica, Tarik Kafala, ha stabilito che i terroristi non si devono più chiamare “terroristi”. “Qui cerchiamo di evitare di dipingere chicchessia come un terrorista o un’azione come in sé terroristica”, ha dichiarato Kafala. “Ciò che cerchiamo di fare è dire che ‘due uomini hanno ucciso dodici persone nell’attacco alla redazione di una rivista satirica’. Questo basta, sappiamo ciò che significa e ciò che è”. Il riferimento è alla mattanza di Charlie Hebdo. Due giorni prima, la Bbc aveva diffuso un documentario sulla nuova edizione di Charlie Hebdo dopo la strage. Filmati di chioschi che si preparavano a vendere la rivista, il personale di Charlie al lavoro, le interviste ai sopravvissuti e una descrizione della copertina della nuova edizione, il Maometto con una lacrima all’occhio e un cartello che recita “Je suis Charlie”. Solo una descrizione, però: la Bbc si è rifiutata di mostrare direttamente la vignetta di copertina.

 

Accadde già nel 2005, dopo le bombe di Londra, quando si decise di chiamare i quattro kamikaze “artefici dell’attacco” o “attentators”. E per la strage di bambini di Beslan si parlò di “hostage takers”, sequestratori, e “separatists”, separatisti. Nel 2007, poi, il timore di offendere gli islamici che vivono in Gran Bretagna spinse il canale 4 dell’emittente a cambiare la trama di una serie televisiva, “Casualty”, cancellando dalla sceneggiatura l’attacco suicida di un terrorista islamico, su pressione della commissione interna della tv che vigila sui suoi contenuti. Un altro episodio significativo è l’intervista al vignettista danese Kurt Westergaard, realizzata e poi cancellata, sempre per paura di scatenare la reazione islamista. Il celebre disegnatore del quotidiano Jyllands-Posten ha paragonato questa decisione a quella degli appeaser britannici con Hitler.

 

Durante la prima guerra del Golfo, la Bbc venne ribattezzata “Baghdad Broadcasting Corporation”: il modo stesso in cui trattava la guerra in Iraq segnò il punto più basso nella storia della capacità che hanno i media di schierarsi dalla parte dei nemici. Per non parlare di Israele. Douglas Davis, corrispondente da Londra del Jerusalem Post, ha accusato la Bbc di “ritrarre Israele come uno stato criminale e demoniaco e gli israeliani come brutali oppressori”. Durante la recente manifestazione contro il terrorismo a Parigi, un giornalista della Bbc ha intervistato una donna ebrea che vive in Francia. “Non abbiate paura di dire che soprattutto gli ebrei sono nel mirino”, ha detto alla telecamera la donna. Il reporter Tim Willcox l’ha interrotta: “Ma molti critici della politica israeliana dicono che anche i palestinesi hanno sofferto, per mano degli ebrei”. Le scuse di Willcox non sono bastate a placare le accuse di antisemitismo alla Bbc.

 

E se la tv inglese si impegna a fare di Israele il cattivo del mondo, gli Stati Uniti devono apparire quanto meno ridicoli. A spiegarlo è stato Justin Webb, corrispondente da Washington della Bbc, che ha confessato di essere costretto a parlare ogni giorno degli Stati Uniti come di uno “scorn country”, un paese senza alcun peso morale. Come ha scritto Gerard Baker sul Weekly Standard, “le notizie della Bbc sugli Stati Uniti presentano il quadro fumettistico di una nazione di obesi e di sciocchi con la Bibbia sempre in mano, lietamente impegnati a spararsi addosso oppure a citarsi in tribunale”.

 

Nel 2008 la Bbc ha deciso che si possono continuare a fare battute, anche irriverenti, sul Vaticano e gli ebrei, ma non sull’islam. Lo ha stabilito Mark Thompson, direttore del servizio pubblico britannico. La motivazione? I musulmani “sono più suscettibili” dei cristiani e quindi è meglio non irritarli. E’ per questo che dovendo scegliere come conduttrice tra una donna che indossa il velo e una donna che indossa una catenina con il crocefisso, la direzione della Bbc preferirebbe scegliere una donna con il velo piuttosto che una con la croce, perché (spiegano alla Bbc) la croce offende chi non ha la croce, il velo non offende chi non ha il velo.

 

Poi, sempre per non offendere i maomettani, la Bbc ha pensato che fosse opportuno non usare più le espressioni “avanti Cristo” e “dopo Cristo”, in inglese b. C. (before Christ) e a. D. (anno Domini). Molto meglio le neutrali espressioni “Before common era” e “Common era”. Di “svilimento della base cristiana della nostra cultura, lingua e storia” ha parlato il vescovo anglicano di origini pachistane Michael Nazir-Ali.

 

D’altronde nel 2009 un musulmano, Aaqil Ahmed, è stato nominato nuovo responsabile della programmazione religiosa della Bbc, scatenando le proteste dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. Secondo il Daily Mail, a spingere l’emittente a dare il posto ad Ahmed sarebbe stato anche il timore di essere denunciata per discriminazione. Con una carriera nella programmazione religiosa, Ahmed era una persona qualificata a ricoprire l’incarico e se la Bbc gli avesse rifiutato il posto si sarebbe esposta a rischi di carattere legale. 

 

Un anno fa, una storica voce della radio della Bbc, David Lowe, ha avuto la “colpa” di aver trasmesso una canzone del 1930, dal titolo “The Sun Has Got His Hat On”, dove compare la parola “negro”. A Lowe non è servito spiegare che non sapeva che vi fosse presente o ricordare che nell’epoca in cui il brano è stato scritto quel termine non era considerato razzista. La Bbc ha “chiesto” a Lowe di licenziarsi. E così ha fatto.

 

[**Video_box_2**]Il sindaco di Londra, Boris Johnson, ha paragonato la tv inglese ai fondamentalisti islamici: “Riuscite a pensare a qualsiasi altra società, a parte la Nigeria, in cui le persone possono improvvisamente decidere che qualcosa è ‘haram’, proibita?”. Qualcosa di simile era successo, dieci anni fa, a un altro popolare conduttore della Bbc, Robert Kilroy-Silk, sospeso per aver definito gli arabi “attentatori suicidi, amputatori di arti e repressori delle donne”. Cinque anni fa a finire nel mirino della Bbc è stata anche Upsy Daisy, protagonista di un popolarissimo programma televisivo per bambini. L’accusa? “E’ troppo bianca”. Così la Bbc ha usato un pupazzo di colore, mentre il giocattolo nei negozi aveva più la tonalità del “latte macchiato”. La National Assembly Against Racism accusò la Bbc di “essere tornata al razzismo degli anni Cinquanta”. Risultato, la “bambola bianca” è sparita dai negozi. E oltre a non voler indispettire musulmani e falangi di antirazzisti, la Bbc ha promosso programmi al passo coi tempi, il cosiddetto “intrattenimento gay friendly”.

 

La Cbbc, il ramo dell’emittente inglese che si occupa dei programmi per bambini dai sette ai dodici anni, ha lanciato un format per la “diffusione culturale della diversità di genere”, attraverso un’azione pedagogica rivolta ai minori. E’ il programma “Marrying Dad and Dad” (Il matrimonio di papà e papà), in cui sono i figli di coppie omosessuali a organizzare la celebrazione della civil partnership dei genitori. Una direttiva interna della Bbc, dal titolo “Portrayal of Lesbian, Gay and Bisexual People”, auspica che gli autori dei format introducano protagonisti omosessuali e bisessuali nei programmi per bambini “al fine di far familiarizzare i giovani spettatori con il mondo della diversità sessuale fin dalla tenera età, e sostenere i bambini che devono affrontare l’età della formazione, e che potrebbero essere omosessuali”.

 

E in tempi non sospetti, la Bbc introdusse scene gay nello sceneggiato “I bucanieri”, ispirato al romanzo di Edith Wharton. La Bbc ha manipolato il testo inserendovi scene di sesso omosessuale. Sempre Paul Johnson biasimò questi “barbari zoticoni” della televisione britannica di stato che non rispettano ormai neppure i capolavori della letteratura.

 

Anche la parola “girl” è stata censurata dalla Bbc. L’impronunciabile termine in odore di “sessismo” faceva parte di una trasmissione sui Giochi del Commonwealth, le olimpiadi dell’ex impero britannico. Il presentatore, Mark Beaumont, ingaggia una finta competizione con Cynthia Rahming, campionessa di judo. Una volta atterrato dall’atleta, Beaumont esclama ironicamente: “Questa non sono sicuro di riuscire a superarla: essere battuto da una ragazza”. La Bbc si è di recente uniformata anche all’ortodossia del global warming e ha chiesto pubblicamente scusa per aver ospitato Nigel Lawson, l’ex ministro che mette in dubbio la teoria del surriscaldamento globale. Non lo faremo mai più, hanno detto.

 

George Orwell aveva lavorato proprio alla Bbc come giornalista producendo programmi radio durante la Seconda guerra mondiale. Lo scrittore se n’era andato nel 1943 perché, come aveva spiegato nella sua lettera di dimissioni, alla Bbc stava “sprecando il suo tempo e il denaro pubblico per fare un lavoro che non dà risultati”. L’esperienza alla Bbc però era diventata per lui una fonte d’ispirazione: la celebre Stanza 101 del romanzo “1984” era stata battezzata così proprio in onore di una omonima sala riunioni della Bbc. Un giorno, magari, scopriremo che Orwell trasse ispirazione dalla Bbc anche per la sua indimenticabile condanna della “neolingua”. Il Pol. Corr.

 

D’altronde, un anno fa la stessa Bbc era riuscita con non poco coraggio e onestà a fare la parodia di se stessa, quando lo scandalo a sfondo sessuale che ha coinvolto il defunto dj pedofilo Jimmy Savile era stato sapidamente definito “una opportunità di apprendimento”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.