Jeroen Dijsselbloem e Christine Lagarde

Alexis e i suoi creditori

David Carretta

L’Eurogruppo raffredda la rivoluzione di Tsipras, apre ma batte cassa.

Bruxelles. “Siamo pronti a lavorare” con il governo di Alexis Tsipras, “siamo aperti alla discussione”, ma “abbiamo già fatto molto per alleviare il peso del debito della Grecia” e “su una cancellazione parziale non penso che ci sia molto sostegno”. L’olandese Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, ha sintetizzato così ieri l’attitudine dei creditori della Grecia, dopo il trionfo di Syriza domenica e l’elezione di Tsipras a nuovo primo ministro. Nessuna pregiudiziale, molta prudenza, la disponibilità a qualche concessione, ma Tsipras deve essere consapevole che la rivoluzione non ci sarà. “La Commissione rispetta pienamente la sovranità e la scelta democratica del popolo greco” ed “è pronta a dialogare con il nuovo governo”, ha detto il portavoce di Jean-Claude Juncker. Il presidente francese, François Hollande, ha invitato Tsipras all’Eliseo. Il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, ha annunciato che l’Italia è pronta a “mediare per Atene”. “Non si tratta di fare gesti” sulla cancellazione del debito, “ma di trovare una soluzione compatibile con gli equilibri esistenti e sostenibile nel tempo”, ha spiegato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

 

Gli “equilibri esistenti” di cui parla Padoan sono il principale ostacolo a un compromesso con Tsipras. Il problema non è la Troika, che l’Ue deve comunque smantellare dopo che la Corte europea di Giustizia ha segnalato l’inopportunità per la Banca centrale europea di farne parte. Non è nemmeno l’austerità, che la Commissione intendeva già allentare riconoscendo a Atene i progressi sull’avanzo primario. Il guaio è che Tsipras vuole che i governi europei cancellino almeno una parte dei 270 miliardi che, attraverso prestiti bilaterali, fondi salva-euro, Bce e Fondo monetario internazionale, la Grecia deve agli altri paesi. Il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, si dice “pronta a continuare a sostenere” il paese e “impaziente” di discutere col nuovo governo.

 

In Europa la democrazia greca vale quanto la democrazia tedesca. Se il vento del popolo anti austerità soffia a favore del leader di Syriza, la fredda contabilità, i trattati e il fattore tempo sono dalla parte dei creditori. “L’appartenenza alla zona euro significa rispettare tutto ciò su cui ci siamo messi d’accordo insieme”, dice Dijsselbloem. “Non possiamo imporre nulla alla Grecia”, dice il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble: “Ci sono regole e accordi, ma non abbiamo obbligato la Grecia o altri paesi a fare nulla e non la obbligheremo ora”. Tradotto: Tsipras è libero di disfarsi della Troika e delle sue condizioni, ma ci sono date e scadenze che non consentono ai greci di reggersi in piedi da soli con un debito complessivo di 319 miliardi di euro. Il programma di assistenza finanziaria alla Grecia scade il 28 febbraio. Nello scenario del dialogo che si è tratteggiato ieri all’Eurogruppo, i ministri dovrebbero concedere un’altra “estensione tecnica” per consentire alla Troika di chiudere i negoziati sulla Quinta revisione del programma e sbloccare l’ultimo esborso di 1,8 miliardi di aiuti in sospeso dalla scorsa estate. Tsipras potrebbe anche sopravvivere senza, ma non gli conviene in vista della vera trattativa che si aprirà su una linea di credito precauzionale una volta concluso il programma. Atene, che contrariamente a Portogallo e Irlanda non ha riserve in cassaforte, ne ha bisogno entro il 20 luglio, quando dovrà fronteggiare il primo rimborso maggiore del suo debito: 3,5 miliardi di titoli acquistati dalla Bce. Il 20 agosto, la Bce di Mario Draghi deve incassare altri 3,2 miliardi. Visto il divieto di finanziamento monetario, la Bce non potrà fare sconti.

 

[**Video_box_2**]“Il signor Tsipras deve pagare, queste sono le regole del gioco, non c’è margine per decisioni unilaterali”, ha avvertito il membro francese del board della Banca centrale europea, Benoît Coeuré, che non è considerato un falco. Secondo Coeuré, i governi possono accordare una “proroga” sui rimborsi debito. Era già accaduto nel 2012, dopo l’arrivo di Antonis Samaras, quando i ministri acconsentirono a un prolungamento delle scadenze e a un taglio dei tassi di interessi pagati da Atene. I primi rimborsi dei prestiti sono spostati al 2020. La maturità del debito nei confronti della zona euro è di 30 anni e più. Un altro rinvio avrebbe un costo politico minore. Ma il margine è stretto e serve pragmatismo, altrimenti la Grexit potrebbe tornare a essere una probabilità.

 

Tsipras ha trovato subito un alleato, tra i molti in verità, in François Hollande: il presidente della Repubblica francese, certo non ligio nel rispetto dei parametri bilancistici europei, si è premurato di invitare il premier in pectore greco a Parigi offrendo, nel corso della telefonata augurale, solidarietà alla Grecia “in questo momento importante per il suo avvenire”, al fine di ritrovare “il cammino della stabilità e della crescita”.

 

I primi segnali che arrivano da Atene – la coalizione tra Syriza e i populisti di destra di Anel e la visita di Tsipras a un memoriale di vittime dei nazisti – non sono incoraggianti per i molti che a Bruxelles sostengono la necessità di un compromesso.