Mario Draghi (foto LaPresse)

Reflazionare va bene, ma meglio farlo all'europea che all'americana

Carlo Pelanda

Il mercato attende per gennaio la decisione della Bce di stampare indirettamente moneta, comprando eurodebito, per reflazionare l’Eurozona. Dubbi che un allentamento monetario all’americana possa essere realizzato nell’Eurozona senza rischi.

Il mercato attende per gennaio la decisione della Bce di stampare indirettamente moneta, comprando eurodebito, per reflazionare l’Eurozona. Ma la rubrica, pur convinta che la Bce debba aumentare il proprio bilancio e la liquidità in euro con operazioni straordinarie, dubita che un allentamento monetario (Quantitative easing) all’americana possa essere realizzato nell’Eurozona senza rischi gravi e con gli stessi effetti stimolativi. Una Banca centrale compra debito pubblico per concedere a uno stato di reflazionare un sistema in crisi via più spesa pubblica in deficit, tenendo basso il costo di rifinanziamento del debito stesso nonostante il suo incremento. Così è stato fatto da nazioni con piena sovranità monetaria e di bilancio, quali Stati Uniti e Regno Unito con l’esito di tirarli fuori rapidamente dalla crisi. Ma nell’Eurozona gli stati, per trattato, non possono fare deficit oltre una data soglia e quindi la monetizzazione del debito non potrebbe facilitare questa azione stimolativa. Probabilmente la Bce studia l’acquisto di eurodebito per un altro scopo: trovare un modo semplice per stampare denaro in megaquantità per svalutare l’euro, questa la vera mossa di reflazione in quanto aiuterebbe l’export e l’importazione di turismo. Un secondo scopo è quello di garantire i debiti di euronazioni a rischio di crack, quali Italia, Grecia e in prospettiva Francia, che senza tale garanzia sarebbero valutate dal mercato con destino di insolvenza. Un terzo scopo potrebbe essere la “staffetta” tra Fed che dovrà ridurre la liquidità in dollari e la Bce che dovrà aumentarla in euro per tenere in pressione la pompa di capitale che tiene artificialmente alte le Borse globali, entro una strategia di traino via finanza della crescita dell’economia reale e della fiducia. Non è certo che Fed e Bce siano coordinate, ma è probabile che ambedue vogliano evitare il crollo di titoli azionari che senza gonfiaggio non starebbero in piedi.

 

[**Video_box_2**]Questi scopi sono realistici, ma la rubrica ritiene che possano essere raggiunti senza un acquisto diretto in asta di titoli di eurodebito che implica una violazione dello statuto della Bce e un conflitto duro con Germania e Bundesbank. La Bce, invece, può comprare titoli di debito delle euronazioni sul mercato secondario: faccia semplicemente così. Pro e contro. La Bundesbank, che ritiene sufficienti i tassi bassi per una reflazione via svalutazione moderata, sarebbe sempre di traverso, ma non potrebbe invocare né la violazione dei trattati né formule di differenziazione del rischio degli eurodebiti (le cosiddette “stringhe”) che formalizzerebbero il fatto che l’euro non è una moneta unica, pericoloso segnale di futuro scioglimento. L’acquisto di eurodebito sul mercato secondario può essere aumentato nelle quantità necessarie e reso meno rischioso incentivando l’impacchettamento di diversi titoli nazionali in prodotti finanziari sintetici con bilanciamento del rischio (hedging) interno. In conclusione, la rubrica ritiene possibile un allentamento monetario indiretto all’europea e sconsiglia alla Bce di tentare uno diretto all’americana, cercando più un compromesso che un confronto con la Bundesbank. Chiedendo in cambio che la Bce non venga smentita nel suo ruolo di garante di ultima istanza di fatto, pur non di forma, degli eurodebiti nazionali. Per l’interesse italiano, nel breve termine, questo punto è più importante di una reflazione rapida pur il suo inefficace governo avendo necessità di più inflazione per cosmetizzare, via gonfiaggio della crescita nominale, un fallimentare rapporto debito/pil.

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