The show must go on (finalmente)

Redazione

Dopo una settimana la Sony decide di distribuire “The interview”.

Pareva piuttosto bizzarro che un cyberattacco, per quanto violento e crudele (con i poveri dipendenti della Sony, non tanto per gli attori e i vip che cadono comunque in piedi, ma per tutti gli altri, sputtanati per sempre), riuscisse addirittura a far gettare via un film già girato e prodotto e pronto per andare nelle sale (e costato 44 milioni di dollari): e il primo emendamento? La libertà d’espressione? Per una settimana è parso di vivere in un altro film – forse qualcuno ha già scritto la sceneggiatura – con le minacce da Pyongyang, mandante del crimine cybernetico secondo gli Stati Uniti, l’annullamento della proiezione del film “The Interview” che racconta una storia nordcoreana con uccisione del leader supremo, lo scorno presidenziale (ci facciamo piegare dal cybervandalismo?, dice un redivivo Barack Obama, falchissimo con la Sony come mai l’abbiamo visto prima) e le mille speculazioni più o meno benevole sulla gestione da parte della Sony di tutta la faccenda. E’ parso quindi quasi naturale ieri sapere che la Sony infine ha deciso che la gente può vedere “The Interview”, in alcune sale degli Stati Uniti sarà proiettato a partire da domani, giorno di Natale, e anche se il management dell’azienda dice che la distribuzione sarà “limitata” ad alcuni cinema indipendenti, perché la cautela vince sempre, è facile pensare che poi la domanda sarà alta, e si finirà finalmente per poter parlare del film avendolo visto. Il regista del film, Seth Rogen, ha festeggiato su Twitter: “The people have spoken! Freedom has prevailed! Sony didn’t give up!”. C’è voluta una settimana, ma alla fine la libertà ha prevalso.

 

Nel frattempo i rapporti tra Stati Uniti e Corea del nord si sono complicati, anche se Pyongyang nega di aver fatto alcunché: quando lunedì i nordcoreani sono rimasti per quasi una giornata senza internet, scollegati dal mondo (non che siano collegati granché, va detto, è un regime), tutti hanno pensato che si trattasse della rappresaglia americana. Washington ha smentito, ma la percezione di una guerra fredda cibernetica è stata colta da tutti. Ora si aspetta di vedere di che cosa sono capaci i nordcoreani – di solito nell’incertezza sparano un missile.

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