Il presidente americano Barack Obama (foto Ap)

Natale in America

Redazione

L’economia cresce al 5 per cento: la recovery! Ora la battaglia è in Europa.

Cinque per cento è un numero meraviglioso, grandioso, oltre ogni aspettativa. E’ il numero della recovery americana, e suona come un rilancio da Tigre asiatica di un decennio fa. L’economia americana, secondo i dati del dipartimento del Commercio rilasciati ieri, è cresciuta tra luglio, agosto e settembre del 5 per cento (su base annua), una revisione verso l’alto del previsto 3,9 per cento. Grazie a consumi sostenuti determinati anche dal crollo del prezzo del petrolio – il contributo della spesa dei consumatori è stato rivisto in rialzo dello 0,7 per cento, quello degli investimenti industriali dello 0,2 – la crescita è la più alta dall’estate del 2003 (undici anni fa). Anche se per l’ultimo trimestre del 2014 le previsioni non sono così scintillanti, i dati sistemici sono solidi. La disoccupazione diminuisce ogni mese – sono stati aggiunti 300 mila posti di lavoro a novembre, e i dati sono simili a quelli del 1999, prima ancora della bolla internettiana, per intenderci – mentre la fiducia dei consumatori è in continuo aumento: non c’è crescita più sana, dice la maggior parte degli economisti, di quella determinata dalla domanda interna, ed è proprio questo il driver del rilancio americano.

 

I dati sembrano ancora più straordinari se si pensa a quelli di altre parti del mondo, come l’Europa. Mentre noi leggiamo articoli catastrofici sulla spirale che sta risucchiando un’altra volta la zona euro, l’America prevede una crescita complessiva del 2,3 per cento quest’anno e del 3,3 per l’anno prossimo (soltanto il Regno Unito sfoggia numeri altrettanto altisonanti). In Giappone e anche in Cina il ristagno economico assomiglia più a quello europeo, e questo avrà delle conseguenze immediate. Anche perché buona parte della fiducia e della voglia di spendere degli americani è stata determinata dal prezzo del petrolio sceso a livelli che preoccupano non poco i paesi produttori (per quanto anche la produzione americana di shale è in pericolo di sostenibilità se il prezzo del petrolio è troppo basso: non è più competitivo). Mentre il rimbalzo a Wall Street fa festeggiare anche le Borse europee (il Dow Jones ha superato quota 18.000 punti, un record), il premier Matteo Renzi tuitta: “I dati americani dimostrano che puntare su investimenti e crescita funziona. Altro che austerità!”. Ecco che ora la battaglia è tutta europea.

 

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