Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il piano b di Renzi

Claudio Cerasa

Voto a maggio, disegni e obiettivo dei congiurati. Parla Giachetti.

Roma. I disegni sono due e, come si è visto anche ieri, sono incompatibili l’uno con l’altro. Il primo disegno è quello renziano del Patto del Nazareno (PdN). Il secondo disegno è quello antagonista del Tutto Tranne il Nazareno (TTN). Il primo disegno prevede due passaggi lineari: approvazione rapida della legge elettorale, entro gennaio, prima delle dimissioni di Napolitano, e scelta condivisa del nuovo capo dello stato. Il secondo disegno prevede invece due passaggi opposti ma altrettanto lineari: ostruzionismo esasperato per rimandare la legge elettorale a dopo l’elezione del presidente della Repubblica ed evitare così che Renzi possa arrivare alla partita del Quirinale con l’arma del voto caricata attraverso l’approvazione dell’Italicum.

 

L’antipasto di questa partita si è materializzato due giorni fa, quando in commissione Affari costituzionali, al Senato, dove si trova oggi l’Italicum, il governo è andato sotto sull’approvazione di due emendamenti (abolizione della figura dei cinque senatori di nomina del presidente della Repubblica) presentati dalla minoranza del Pd e votati, oltre che dal M5s, anche da Sel, Lega e minoranza di Forza Italia (Bianconi, area Fitto). E lo si è continuato a osservare in questi giorni attraverso alcuni dettagli non del tutto irrilevanti. Il dialogo costante tra la minoranza del Pd e la minoranza di Forza Italia (molti sms in questi giorni tra il pugliese Raffaele Fitto e il pugliese Francesco Boccia). I 10.500 emendamenti all’Italicum presentati mercoledì sera dalla Lega in commissione Affari costituzionali. I 1.650 emendamenti presentati ieri a Palazzo Madama, sempre alla legge elettorale, dal senatore Francesco Bruni (pugliese, area Fitto) e da alcuni senatori di Gal (area politica in avvicinamento a Fitto). E così via. La resistenza al Patto del Nazareno, in questa fase, ha un obiettivo semplice che ci spiega un esponente di primo piano del partito del TTN: “Senza avere una legge elettorale approvata, Renzi non andrà mai a votare e sarà costretto ad allargare il patto per eleggere il presidente della Repubblica. Viceversa, con l’Italicum approvato, Renzi potrà fare tutto quello che crede di questa legislatura, anche votare a maggio, e noi non glielo dobbiamo permettere”. La novità percepita in queste ore a Palazzo Chigi (dove qualcuno ammette che Renzi avrebbe la tentazione di usare l’approvazione del Italicum per andare a votare a maggio, nel caso si aggravasse la situazione economica) è che per la prima volta i nemici del Nazareno si sono dati un coordinamento che potrebbe portare l’ostruzionismo a essere qualcosa in più di una semplice prova di sopravvivenza politica.

 

[**Video_box_2**]Renzi sa che l’accordo con Forza Italia per il momento tiene ma sa anche che il problema del patto non è il patto in sé ma è, piuttosto, la tenuta dei contraenti del patto. Il punto è semplice: quanto regge Forza Italia? E questa maggioranza, in prospettiva, ha la forza per affrontare prove complicate combattendo ogni giorno con gli scricchiolii parlamentari? Il presidente del Consiglio (bluffando) continua a far sapere di considerare episodi isolati i tentativi di sabotaggio (anche se ieri ha ammesso che è arrivato “un segnale politico”). Ma nel giro renziano la linea del “ma che problema c’è” regge fino a un certo punto. E il partito del voto, a poco a poco, comincia a emergere alla luce del sole. “Io – dice al Foglio Roberto Giachetti, Pd, renziano, vicepresidente della Camera – faccio questo ragionamento. Il paese ha bisogno di essere sbloccato con riforme coraggiose e difficili. Già tentare di farlo con una maggioranza non politica ma di necessità è un azzardo. Se poi a questo si aggiunge una costante interdizione da parte di una minoranza interna che spesso si comporta peggio dell’opposizione, qui ci areniamo. Credo che Renzi abbia il diritto come la stragrande maggioranza dei suoi predecessori di essere giudicato per la sua azione di governo sulla base di una maggioranza omogenea e soprattutto di gruppi parlamentari leali. Non ci fanno votare l’Italicum? Il Consultellum è il sogno di tutti coloro, e non sono pochi, che sperano di proiettare il paese in un'altra lunga fase di ingovernabilità e di palude, il terreno nel quale si muovono meglio. Noi un’alternativa ce l’abbiamo: approviamo il Mattarellum, con chi ci sta, anche con il Movimento 5 stelle, e poi andiamo a votare”. Il disegno alternativo dunque c’è. Giachetti lo riconosce. Delrio lo conferma (“Se la minoranza del Pd vuole andare a votare lo dica”). Renzi lo approva. Tutto è in movimento. Che poi ci siano davvero i numeri in Parlamento per approvare il piano B (è dura) ovviamente è tutto un altro discorso.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.