Jens Weidmann e Mario Draghi

Aspettando il "Bce day", tutti gli attacchi a Draghi dalla Germania

Marco Valerio Lo Prete

L’attesa di un altro colpo di bazooka da parte del presidente della Bce, dopo il whatever it takes dell’estate 2012, nelle ultime ore è diventata perfino piacevole. 

Roma. L’attesa di un altro colpo di bazooka da parte di Mario Draghi, dopo il whatever it takes dell’estate 2012, nelle ultime ore è diventata perfino piacevole. Almeno sui mercati finanziari. Ieri infatti, alla vigilia della prima riunione della Banca centrale europea (Bce) di oggi nella quale sarebbe teoricamente possibile ufficializzare l’avvio del cosiddetto Quantitative easing (allentamento monetario), il rendimento sul Btp decennale italiano è sceso per la prima volta nella storia all’1,98 per cento, per la felicità del Tesoro che vede diminuire ancora i costi del servizio sul debito pubblico; lo spread tra il rendimento del Btp italiano e l’omologo Bund tedesco ha toccato quota 123 punti, come non accadeva dal 2010; l’euro, a 1,232 dollari, non era così debole da 27 mesi, con grande soddisfazione delle aziende esportatrici. Attesa quasi piacevole, insomma, quella che precede “la svolta americana” della Banca centrale europea. Anche se in realtà sono pochissimi gli analisti – quelli di Credit Suisse, per esempio – che predicono già per oggi un annuncio dettagliato della Bce sull’acquisto a piene mani di asset vari, bond statali inclusi. Un po’ più quotata è la prossima riunione, quella del 22 gennaio 2015. L’andamento dell’economia reale però continua a deludere: sotto le attese l’indice Pmi per le imprese di Germania e Francia, che invece ieri ha premiato l’Italia; in settimana poi l’Istat ha certificato di nuovo la recessione in corso nel nostro paese. E se la congiuntura internazionale – vedi prezzo del petrolio in calo – aggrava le tendenze disinflazionistiche, ecco che l’intervento della Bce realisticamente si avvicina.

 

E’ così pure a giudicare dal nuovo affollato round di dichiarazioni anti svolta monetaria in arrivo dalla Germania. Non c’è soltanto il banchiere centrale tedesco, Jens Weidmann, che due giorni fa ha bacchettato il presunto lassismo della Commissione europea sui conti italiani e francesi; e che non perde occasione per mettere in dubbio la legalità dell’acquisto di titoli di stato da parte della Bce. Intervenendo martedì scorso sul Wall Street Journal, Michael Heise, capoeconomista di Allianz (colosso assicurativo mondiale con sede a Monaco), ha scritto che “l’Europa si può rilassare un po’ sull’inflazione che scende”. Se i prezzi flettono in ragione del calo del petrolio e di altre materie prime – è la tesi di Heise – oltre che per la ristrutturazione delle economie meno competitive, allora questo “potrà aiutare la ripresa”. “E’ compito della Bce spiegarlo”, conclude Heise, invece che alimentare aspettative di un’espansione monetaria che poi sarà pericoloso deludere. Che un gruppo assicurativo con sede in Germania si faccia portatore di questa tesi è comprensibile. La scorsa settimana proprio la Bundesbank ha pubblicato uno studio sulla sostenibilità del settore assicurativo tedesco in uno scenario di tassi d’interesse che restano bassi a lungo. Su 85 gruppi privati censiti dalla Banca centrale tedesca nel ramo vita (che da solo rappresenta il 62 per cento del capitale investito da tutte le assicurazioni tedesche), 12 assicurazioni non sarebbero più pienamente solvibili tra meno di dieci anni in uno scenario di “mild stress”, cioè con “tassi bassi come quelli prevalsi a lungo in Giappone”. Addirittura 32 gruppi finirebbero in apnea in caso di “severe stress”. Considerato che nelle assicurazioni confluisce circa il 30 per cento dei risparmi dei cittadini tedeschi, 1.552 miliardi di euro, non si tratta di ipotesi rassicuranti. Cosa c’entrano Draghi e le sue mosse per comprimere i tassi? Il problema delle assicurazioni tedesche è che da una parte esse hanno venduto ai clienti polizze con rendimenti garantiti piuttosto alti; dall’altra però gli investimenti massicci degli assicuratori in titoli di stato tedeschi sono sempre meno redditizi. Come fare fronte, in futuro, alle garanzie rilasciate?

 

[**Video_box_2**]E’ lo stesso problema registrato ufficialmente domenica scorsa dall’Eiopa, l’organismo europeo di controllo sul settore, con i suoi stress test sulle assicurazioni. Stress test meno ferrei rispetto a quelli bancari – se non altro perché una supervisione unica come quella della Bce sugli istituti di credito ancora non esiste – ma che comunque confermano un aspetto chiave: se in Europa persiste una situazione di tassi bassi, le ricche assicurazioni tedesche saranno le prime a vedere intaccato il proprio capitale, in ragione dello scarso allineamento – in termini di durata e rendimento – tra flussi attesi di attività e passività. L’Italia, sul fronte assicurativo, è messa meglio della Germania; ma questa volta l’eco mediatica internazionale degli esami europei è stata di molto inferiore a quella degli stress test bancari (in cui l’Italia aveva invece fatto peggio). Eppure perfino la cancelliera Angela Merkel, martedì scorso, dopo aver lanciato l’allarme sulla sostenibilità delle pensioni pubbliche, ha detto che occorre puntare su forme assicurative private. Ora Draghi deve sperare che la cancelliera non prenda anche lei troppo a cuore gli allarmi dei potenti e super ortodossi assicuratori.   

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