Europa vs. Google, tra leggi antitrust e revanche antimercato

Lucio Scudiero

Oggi il Parlamento Ue chiederà di spogliare il motore di ricerca dei suoi servizi commerciali. La Commissione sta proseguendo le sue indagini antitrust, iniziate sotto la guida del precedente commissario alla Concorrenza, Joaquín Almunia. Il partito tedesco anti Silicon Valley.

Roma. Nel mezzo dei negoziati per l’istituzione dell’area di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, il Ttip, il Parlamento europeo oggi voterà una mozione che rischia di aprire uno scenario da guerra commerciale tra i due blocchi. Il testo, presentato da Popolari e Socialisti, “invita la Commissione a prendere in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali quali strumenti potenziali a lungo termine”. Al fine di mantenere la concorrenzialità nel mercato digitale interno. Il riferimento a Google, che detiene il 90 per cento del mercato dei motori di ricerca in Europa, non era neppure necessario.

 

Il Parlamento europeo non ha poteri di enforcement delle regole antitrust, che spettano alla Commissione, ma è evidente che un voto unitario dei principali gruppi parlamentari su un testo del genere farebbe compiere un ulteriore salto di scala politica alla vicenda, dopo che già ieri un pezzo della leadership repubblicana e democratica del Congresso statunitense ha reagito denunciando l’atteggiamento ostile e antimercatista dell’Ue nei confronti delle big tech americane. L’idea di scorporare il motore di ricerca dagli altri servizi di Google non è nuova. Essa è sostenuta soprattutto dell’establishment tedesco, dove si è radicata grazie all’azione di alcuni campioni dell’editoria nazionale come il colosso Axel Springer, e nei mesi scorsi era stata avanzata perfino dal vicecancelliere di Berlino, il socialdemocratico Sigmar Gabriel. Per placare una possibile escalation, il commissario Ue per l’Agenda digitale, il tedesco Günther Oettinger, ha chiarito che l’esecutivo comunitario non pensa né a un break-up né tantomeno all’espropriazione di Google. A Oettinger è toccata la parte del “poliziotto buono”, proprio a lui che non ha mai nascosto d’essere favorevole a istituire una Google-tax comunitaria, simile a quella prevista dalla legge sul copyright vigente in Germania, per compensare l’utilizzo di materiale coperto da diritto di proprietà intellettuale effettuato dal motore di ricerca di Mountain View in Europa.

 

[**Video_box_2**]Intanto la Commissione sta proseguendo le sue indagini antitrust sul motore di ricerca, iniziate sotto la guida del precedente commissario alla Concorrenza, lo spagnolo Joaquín Almunia. In risposta alla prima tranche di investigazioni, a febbraio di quest’anno Google si era impegnata a modificare alcune sue pratiche commerciali, accettando per esempio di mostrare i prodotti sponsorizzati da suoi rivali in cima alla pagina dei risultati di ricerca. Quello della Commissione era stato, a ben vedere, un approccio conciliativo invece che contenzioso. Ma che qualcosa si fosse incrinato nei rapporti con l’azienda fondata da Sergey Brin e Larry Page si era compreso già a settembre di quest’anno, quando lo stesso Almunia ha annunciato un ulteriore round di investigazioni che potrebbe allargarsi anche al dominio del sistema operativo Android negli smartphone europei. La questione, insomma, è tutt’altro che chiusa, e segnala un più generale nervosismo di certi ambienti europei nei confronti della Silicon Valley, di cui Google pare essere divenuta un parafulmine. Nel complesso rapporto tra antitrust europeo e big tech americane c’è un illustre precedente: quello di Microsoft, multata nel 2008 dall’antitrust comunitario per oltre un miliardo di euro, con una decisione che ha aperto una frattura anche tra le due big americane, con l’azienda di Redmond oggi capofila, in Europa, delle lamentele contro Google. Mai però il confronto tra Bruxelles e Silicon Valley aveva assunto connotati politici. Il voto di oggi a Strasburgo rischia di dare rappresentanza politica a quella constituency – più diffusa di quanto si immagini – contraria ai Trattati sul libero scambio tra Europa e Stati Uniti, uno dei pochi treni partiti in direzione dello sviluppo europeo negli ultimi anni.

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