Un momento delle proteste a Ferguson (foto LaPresse)

C'è una giuria a Ferguson

L’omicidio di Michael Brown è “lawful but awful”, zona grigia di un apparato di leggi discutibile ma applicato con rigore. La versione di Wilson, le testimonianze ritrattate, le violenze e lo split screen di Obama.

New York. Nello slang giuridico l’espressione “lawful but awful” descrive la zona grigia dove gli atti legali e terribili pericolosamente si mischiano. Se mai c’è stato dall’inizio qualcosa di chiaro nell’omicidio di Mike Brown a Ferguson, arcinoto sobborgo di St. Louis, è che si è trattato di un fatto “awful”, orribile. Quando un poliziotto uccide in mezzo alla strada un diciottenne disarmato è difficile trovare aggettivi di diverso tenore. La trama a sfondo razziale del poliziotto bianco che abbatte un nero innocente ha riaperto ancora una volta un capitolo irrisolto della storia americana, caricando il caso di cronaca di significati e rimandi ancora più “awful”. Eppure il gran giurì ha scagionato l’agente Darren Wilson. Dopo 25 giorni di interrogatori, testimonianze, rilievi ed esibizioni di prove precipitati in un faldone di oltre cinquemila pagine i dodici giurati hanno decretato che il poliziotto ha sparato per proteggersi dall’aggressione di “Big Mike”, accostato dalla volante di Wilson mentre camminava in mezzo alla strada insieme a un amico.

 

Le motivazioni della giuria e i dettagli del voto sono riservati (servono almeno nove voti per validare la decisione) ma dalle parole del procuratore, Bob McCulloch, appare chiaro che il gran giurì ha convalidato la sostanza della versione dei fatti fornita da Wilson. Un invito del poliziotto a camminare sul marciapiede si è trasformato in un alterco e poi in una colluttazione dentro l’automobile a suon di cazzotti e tentativi di mettere mano al cinturone di Wilson, con l’agente che ricorre alla pistola per non essere sopraffatto; una volta respinta l’aggressione, i due si spostano fuori dalla macchina e il poliziotto intima più volte al ragazzo di fermarsi e sdraiarsi a terra, ma lui continua ad avanzare. Alcuni dei testimoni lo hanno paragonato a un giocatore di football che carica l’avversario. A quel punto arriva la fatale scarica di colpi. Dal momento in cui Wilson ha accostato i giovani all’uccisione di Mike sono passati meno di novanta secondi. Com’è ovvio, tutti i dettagli della versione dell’agente tendono ad avallare la tesi della legittima difesa e le iperboli del ragazzo presentato come un “demone” o il paragone fra la contesa fisica a quella fra “un bambino di cinque anni e Hulk Hogan” (Wilson è di poco più basso della vittima, sebbene di corporatura più esile) servono al medesimo scopo. Wilson sa bene che la legge – in particolare quella del Missouri – offre ampie tutele agli agenti che uccidono in servizio, purché la legittima difesa sia dimostrata in modo plausibile.

 

[**Video_box_2**]Allo stesso tempo, chi sosteneva la versione dell’omicidio a sangue freddo, senza alcuna zuffa e perfino con vigliacchi spari alla schiena è stato smentito. I testimoni che hanno parlato di colpi alle spalle hanno cambiato versione una volta che l’autopsia ha mostrato che gli spari sono arrivati frontalmente. McCulloch ha spiegato che è la natura fredda delle prove circostanziali a dimostrare che l’evento terribile è anche legale. Si può e molto probabilmente si deve discutere di una legge che riduce a un residuo statistico il numero di poliziotti incriminati, ma legiferare non è compito del gran giurì. Nessuna considerazione avrebbe però impedito alla comunità nera di Ferguson di scaricare la sua rabbia in una notte di proteste, scontri, saccheggi, incendi, spari, finita con una trentina di arresti. Lo split screen del presidente Obama che dalla Casa Bianca invita alla calma con la solita coolness mentre in parallelo volano pietre e lacrimogeni rimane l’immagine sconcertante della notte in cui Ferguson si è sentita tradita da un sistema giudiziario che dicono sbilanciato verso i bianchi e potenti. Dicono che gli inquirenti non hanno torchiato a sufficienza Wilson, che il procuratore ha alle spalle una storia di discriminazione, e ci vorrebbe l’intervento del primo presidente nero per sistemare questa storia che trasuda razzismo. Per ora Obama si limita a mandare avanti il procuratore generale, Eric Holder.

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