Barack Obama nel video pubblicato ieri su Facebook

Al Congresso si litiga molto e si decide poco, Obama contrattacca

Il fronte liberal ha negato ai democratici moderati i voti necessari per costruire l’oleodotto Keystone, sgradito anche alla Casa Bianca in vena di provvedimenti verdi. Dall’altra parte, il più libertario dei senatori accende una paradossale zuffa interna sulla riforma della sorveglianza.

New York. Il Congresso a maggioranza repubblicana uscito dalle elezioni di midterm non si è ancora insediato e il periodo dell’anatra zoppa propriamente detta (poi l’espressione è stata estesa ad altri usi) offre lo spettacolo tristemente pirotecnico della litigiosità interna ai partiti, accompagnata da un presidente che per cautelarsi minaccia veti e procede per via esecutiva nel dossier più delicato a Washington, quello sull’immigrazione. In un video pubblicato ieri su Facebook, Barack Obama ha detto che presenterà questa sera dalla Casa Bianca “ciò che è in mio potere fare per far funzionare meglio il sistema mentre continuo a lavorare con il Congresso, incoraggiando una legge bipartisan che risolva il problema alla radice”. Domani presenterà in modo più disteso i dettagli dell’ordine esecutivo alla scuola superiore Del Sol di Las Vegas, dove nel 2013 ha fatto un discorso programmatico su un tema rimasto fin qui senza cornice legislativa.

 

Con lo spostamento verso destra del Congresso, Obama ha bisogno di un’azione rapida e solitaria e l’annuncio di oggi dovrebbe aprire la porta della legalità per quattro o cinque milioni di clandestini, a partire dalle famiglie con figli nati negli Stati Uniti e dai cosiddetti “dreamers”, gli stranieri che hanno attraversato la frontiera quando erano troppo giovani per poter essere considerati responsabili della decisione. Per queste categorie si prospetta un percorso di regolarizzazione che inizia con un permesso di lavoro temporaneo. Al netto delle motivazioni compassionevoli accuratamente sbandierate, l’Amministrazione vuole sanare la posizione di potenziali contribuenti che ora ingrossano l’economia sommersa e privilegiare chi ha la fedina penale immacolata. Si tratta di censire e discernere, e proprio i criteri del discernimento fanno la differenza fra una misurata apertura delle frontiere e la massiccia amnistia che i repubblicani agitano come uno spauracchio. Secondo il New York Times il piano della Casa Bianca prevede l’esclusione di questi nuovi immigrati regolari dai benefit dell’Obamacare, macroscopico dettaglio che – se confermato – peserà come un macigno sul dibattito, introducendo inevitabilmente l’idea di una classe di cittadini di serie b, perniciosa per i liberal. I dettagli, però, non cambiano il senso politico della manovra.

 

[**Video_box_2**]Il midterm ha determinato uno stravolgimento degli equilibri del Congresso e la convulsa fase di riassestamento coinvolge anche la dialettica interna ai partiti. I democratici al Senato si sono lacerati sul voto per la costruzione dell’oleodotto Keystone che dovrebbe congiungere i giacimenti del Canada alle raffinerie del Texas. Per Mary Landrieu, sostenitrice dell’oleodotto e sponsor del disegno di legge, si tratta di una questione vitale: il ballottaggio che la vede protagonista il 6 dicembre in Louisiana è in parte un referendum sull’approccio al settore energetico, che dà lavoro a decine di migliaia di persone nello stato. Landrieu ha cercato disperatamente i sessanta voti necessari per dare il nihil obstat all’oleodotto, tentando di radunare dietro la proposta quei democratici moderati o mainstream che negli ultimi anni hanno tutto sommato dominato gli umori del partito; il suo tentativo è naufragato di fronte all’insorgere del gruppo liberal, che nel nuovo clima da liberi tutti ha deciso di svoltare a sinistra, lasciando il disegno di legge orfano di un voto soltanto. Il senatore dell’Oregon Jeff Merkley ha fatto la sintesi del ragionamento politico: “Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggere l’ambiente”. La posizione senza compromessi di Merkley si accorda peraltro con quella di Obama, che dopo l’accordo un po’ fumoso e tuttavia simbolicamente rilevante con la Cina sul taglio delle emissioni ha fatto capire che avrebbe messo il veto al disegno di legge caldeggiato dalla corrente del suo partito che fino a ieri dettava l’agenda. Una bella complicazione per un presidente in cerca di direzione per gli ultimi due anni: spostarsi al centro o andare a sinistra? Assecondare o prendere iniziativa? Compromesso o linea dura? La minaccia di veto all’oleodotto e lo sfoggio di muscoli presidenziali sull’immigrazione sono primi indizi rivelatori.

 

La fronda di Rand Paul

Da parte repubblicana dovrebbe, in teoria, prevalere una linea opposta, basata sui ranghi che tornano a serrarsi dopo gli anni dello sfilacciamento ideologico e delle batoste alle presidenziali: finalmente avanza una destra responsabile e a vocazione maggioritaria. Martedì sera al Senato si è capito che non è così semplice. Il disegno di legge per riformare la National Security Agency nella direzione della trasparenza non ha passato la maggioranza qualificata. Il testo prevedeva la fine della raccolta di metadati a strascico da parte delle agenzie di intelligence, rafforzava il sistema di difesa per le vittime della sorveglianza e dava alle compagnie tecnologiche il potere di comunicare al pubblico le informazioni passate alle autorità. Paradossalmente, la legge non è passata per l’opposizione dei libertari, capitanati dal senatore Rand Paul.  La legge prevedeva contestualmente il rinnovo di alcune disposizioni contenute nel Patriot Act – pietra angolare della sicurezza nazionale votata dopo l’11 settembre 2001 – che Paul trova inaccettabili. “Se tolgono il rinnovo del Patriot Act voterò a favore”, ha detto Paul, facendo capire che quella del partito coeso e finalmente alla guida di entrambi i rami del Congresso è un’allegra favola che dura lo spazio di una notte elettorale. Paul lavora in vista di una candidatura alla Casa Bianca nel 2016 e il suo asset principale è la distanza dal pensiero mainstream del suo partito. E’ strano che martedì sera si sia trovato a scontrarsi con un collega che non figura certo nel novero dei moderati, Ted Cruz, il senatore texano che porta avanti le sue ambizioni politiche tranciando ogni ostacolo che gli si presenta davanti. Cruz e il compare Mike Lee hanno presentato il disegno di legge per riformare la Nsa, ma nemmeno il loro patrocinio è stato sufficiente a convincere l’ala più radicale. E’ il nuovo assetto politico di Washington, così convulso e litigioso che ricorda incredibilmente quello vecchio.

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