Il Torino ha battuto 1-0 l'Udinese con un gol di Quagliarella (foto LaPresse)

Da Torino a Torino. La nuova vita di Fabio Quagliarella

Sandro Bocchio

Cinque volte Fabio Quagliarella. Se fossimo da altre parti, e se giocasse in un'altra squadra, le prime pagine sarebbero tutte per lui. Ma siamo in Italia e l'attaccante è del Torino, un club che fa notizia soltanto quando perde.

Cinque volte Fabio Quagliarella. Se fossimo da altre parti, e se giocasse in un'altra squadra, le prime pagine sarebbero tutte per lui. Ma siamo in Italia e l'attaccante è del Torino, un club che fa notizia soltanto quando perde. Perché le delusioni granata non sono mai banali: recano sempre in sé qualcosa che attiene la sfera del sovrannaturale, inteso come sfiga cosmica. Eppure ce ne sarebbe da raccontare riguardo a uno che si scopre irresistibile a 31 anni, con cinque reti messe in archivio una dietro l'altra, in cinque differenti partite. L'attuale assegno in bianco concesso a Giampiero Ventura, che se l'era presa – e di brutto – quando gli avevano chiesto come mai il Torino facesse così tanta fatica a segnare. A Bruges il tecnico si era infilato il metaforico cappello e aveva salutato la compagnia dei giornalisti ingrati, promettendo di indire una conferenza stampa il giorno in cui i suoi avessero realizzato un gol. Come è obbligato a fare oggi, da quando Quagliarella ha preso a inquadrare la porta avversaria come non gli capitava da tempo.

 

Complici quattro stagioni in chiaroscuro alla Juventus, aveva perso l'istinto del finalizzatore. Non che avesse mai segnato tantissimo, perché Quagliarella ama le cose complicate e non semplici: reti spettacolari spesso, banali quasi mai. Alla ricerca esasperata dell'acrobazia come del colpo maligno e improvviso dalla distanza, con il logico carico di difficoltà a fare da contrappeso. Ma se in casa bianconera le ultime tre annate erano state gravide di successi, almeno sul suolo nostrano, per l'attaccante erano state condizionate da un serio infortunio al ginocchio e da una concorrenza interna complicata. A Quagliarella non bastava farsi trovare pronto in ogni occasione in cui Antonio Conte lo chiamava in causa: la maglia da titolare andava sempre a finire su altre spalle che non fossero le sue. Logico che, dopo aver giocato dall'inizio appena tre volte nello scorso campionato, avesse voglia di congedarsi. E in estate aveva posto tre priorità al suo agente: Napoli, Sampdoria e Torino, guarda caso società in cui era già stato, ed era stato bene. Alla fine è tornato dove tutto era cominciato, a sottolineare la sensazione di un cerchio che si chiude. Perché Quagliarella è uno dei pochi giocatori in attività che possano dire di essere cresciuti al Filadelfia, nome che i tifosi granata sussurrano con orgoglio per il significato storico e con rabbia per la contemporaneità disastrata, in attesa della concretizzazione di progetti imbastiti da troppi anni. Uno stadio dove i ragazzini crescevano insieme ai grandi della prima squadra, imparando da loro che cosa comportasse indossare quel colore. A Quagliarella era capitato due decenni or sono, quando aveva cominciato un cammino personale che lo avrebbe condotto a esordire giovanissimo in serie A. Ma quello era un Torino che aveva già cominciato a non puntare più sui ragazzi del proprio vivaio, versione ultralocalistica di quanto l'Athletic Bilbao persegue nei Paesi Baschi. L'attaccante aveva così salutato, per tornare velocemente nel 2004, giusto in tempo per portare la squadra in serie A e per vedere la società fallire. E per congedarsi nuovamente.

 

[**Video_box_2**]Ma sono stati passaggi che i tifosi granata non hanno dimenticato. Per questo in estate hanno accettato l'ingaggio diretto dalla Juventus senza borbottare: Quagliarella proveniva sì da una squadra di cui si fatica persino a pronunciare il nome, ma in fondo era restato uno di famiglia. Un figliol prodigo, in definitiva, senza il bisogno di chiedere perdono per i propri peccati, perché l'abbraccio è stato immediato. E ricambiato, con l'attaccante a dichiararsi felicissimo di essere tornato. Gli è stato giusto concesso il tempo per ambientarsi, poi è stato naturale vederlo ricominciare a fare (bene) il proprio mestiere. Un gol al Cagliari, uno alla Fiorentina, uno al Napoli (l'unico che non ha portato punti) e l'ultimo all'Udinese, inframmezzati da quello al Copenaghen in Europa League, con una frequenza mai avuta in una carriera fatta più di fiammate che di continuità. Gli ultimi tre in campionato, poi, contro ex squadre. Anche per questo i tifosi granata hanno già segnato data e ora sul calendario: 30 novembre alle 18, Juventus Stadium. Per chiedere a Quagliarella di sfatare l'ennesima maledizione, quella di un derby in cui l'ultima rete del Torino risale al 24 febbraio 2002.

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