Stefania Giannini e Roberta Pinotti (foto LaPresse)

Le tribolazioni parallele di Giannini&Pinotti, ministre sotto esame

Marianna Rizzini

Una promette armi ai peshmerga curdi nel giro della prima decade di settembre, l’altra promette pazientissimo ascolto ai contestatori dei Cobas per il piano-scuola di fresco annuncio. Sono tutte e due ministre e protagoniste di una sequela di tribolazioni parallele.

Una promette armi ai peshmerga curdi nel giro della prima decade di settembre (mitragliatrici, munizioni e razzi), l’altra promette pazientissimo ascolto ai contestatori dei Cobas per il piano-scuola di fresco annuncio. Sono tutte e due bionde, tutte e due ministre, tutte e due al centro delle cronache (e delle polemiche) e tutte e due protagoniste di una sequela di tribolazioni parallele da primi giorni di fuoco nel “passodopopasso” renziano. Trattasi di Roberta Pinotti, ministro della Difesa inviso a Dario Fo ai tempi della discussione sugli F-35 (poco ci mancò che il Nobel grillino la descrivesse come uno Stranamore, quel ministro che agli esordi della carriera in Parlamento si occupava di Difesa, sì, ma con l’obiettivo di contrastare i mercanti d’armi), e di Stefania Giannini, il ministro dell’Istruzione che, dopo aver detto “gatto” senza averlo del tutto nel sacco, in una settimana ha sperimentato i suoi tre giorni nella polvere (causa ritardo nella presentazione della già annunciata – da lei – riforma della scuola, con conseguenti retroscena sul premier che preferiva ridare un’occhiata all’incartamento o sulle coperture non ancora chiare) e i suoi cinque minuti sull’altare (del meeting di Cl a Rimini, nell’ultimo scorcio di agosto, quando Giannini saliva su un palco per dire “addio” alle supplenze, applauditissima dall’auditorium cattolico, e per prefigurare un avvenire luminoso per l’autonomia scolastica, naturalmente ancora più applaudita dalla platea cattolica).

 

Sennonché la riforma veniva poi rimandata letteralmente a settembre, e il ministro, già reduce da un’estate di scocciature mediatiche per via delle foto rubatele al mare dai paparazzi, doveva presenziare persino a un dibattito alla Festa dell’Unità, in cui a domanda doveva restare per forza sul vago, e dire che sì, “mercoledì” tutto si sarebbe chiarito e tutto sarebbe stato svelato – e i precari e le novità e i concorsi e i programmi – solo che era soltanto e inesorabilmente domenica. Era l’insostenibile ribalta del ministro-glottologo, poco abituato ai botta e risposta e alle telecamere, ma sempre messo nella rosa dei nomi “a rischio rimpasto” (anche se Renzi ha smentito i rimpasti). C’è da rimpiangere, a mettersi nei panni del ministro Giannini, i mesi da montiana ancora speranzosa nonché segretaria di Scelta civica (incarico poi rivelatosi denso di tribolazioni e amarezze pure quello).

 

[**Video_box_2**]Tribola che ti tribola, ha tribolato, sebbene con la nonchalanche di chi comanda ormai da mesi su ufficiali e generali, anche il ministro Pinotti, assertiva e avvezza alle fatiche da maratoneta (corre tutte le mattine), ma investita da una serie di dossier che dire spinosi è poco: i Marò, per i quali è volata in India, comunque contestata da chi dice “dovete fare di più”, la crisi Ucraina, l’invio delle suddette armi in Iraq e la valutazione di passi successivi: “In base all’evolversi della situazione contingente”, ha detto Pinotti davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato congiunte, “non è esclusa la possibilità di individuare, qualora richiesto, ulteriori forme di cooperazione-supporto a favore delle autorità irachene, sempre in coordinamento con la comunità internazionale”. E ciò vuol dire mugugni innanzitutto nel mare magnum del web, dove da due giorni ribolle l’insulto un tanto al chilo ai “guerrafondai”, complice la concomitanza del vertice Nato in Galles, dove Renzi è giunto accompagnato da Pinotti e dalla lady Pesc in pectore e ministro degli Esteri uscente Federica Mogherini. Ex professoressa ed ex scout, Pinotti, in questi mesi, dagli F-35 in poi, non ha dato spago alle critiche arcobaleno (difesa significa “proteggere”, ha detto all’Espresso quest’estate, e per proteggere i caccia possono servire). I generali la adorano, si diceva a ministro appena insediato (ma c’è chi nel corso dell’estate li ha descritti scontenti per l’intensa opera di spending review del ministro stesso). E dopotutto c’è chi continua a mettere la ferrea Pinotti, un po’ per scherzo e un po’ no, nel novero dei futuri candidati alla “presidenza della Repubblica”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.