Angelino Alfano e Federica Mogherini (Foto AP)

Passeggiate romane

Il risiko attorno a Mogherini, la difficoltà di sostituire Alfano con Delrio

Redazione

Rimpasto sì o no? I quotidiani ne parlano da tempo ma ci vorrà almeno un paio di mesi, dopo la nomina della ministra degli Esteri Federica Mogherini a Lady Pesc, prima che il presidente del Consiglio metta effettivamente mano a una riorganizzazione delle caselle governative.

Rimpasto sì o no? I quotidiani, da qualche giorno in qua, si esercitano, con dovizia di ipotesi e qualche salto di fantasia, sul tema del rimpasto. Esercizio, questo, eseguito con grande anticipo, giacché ci vorrà almeno un paio di mesi, dopo la nomina (ormai quasi scontata) della ministra degli Esteri Federica Mogherini a Lady Pesc, prima che il presidente del Consiglio metta effettivamente mano a una riorganizzazione delle caselle governative. Ma a questo proposito, c’è da dire una cosa. E questa si che la si può dire già da adesso: Matteo Renzi sa bene che la regola aurea della politica vale anche per lui, benché rottamatore e riformatore. Ossia: il rimpasto è il primo segno di indebolimento del governo. Porta con sé uno strascico di polemiche e rancori, alimenta divisioni e incomprensioni ed è quasi sempre l’antipasto della prematura morte di un governo. Per questa ragione il premier ha deciso di toccare il meno possibile.

 

Meno possibile. Ma che cosa significa, concretamente, toccare il meno possibile? Significa cercare di non scoprire – e ricoprire – troppe caselle. Per questa ragione la soluzione ideale resta quella di sostituire Federica Mogherini con Lapo Pistelli. Già, checché scriva qualcuno la decisione di mandare la ministra degli Esteri in Europa non è figlia della volontà di Renzi di dare una risistemata al suo governo, bensì nasce dall’ottimo rapporto del premier con la suddetta, il che ha convinto il presidente del Consiglio a “utilizzarla” per avere una carta in più sul tavolo della Ue.

 

Conquistare i franceschiniani. Pistelli, dunque. I rapporti tra lui e Renzi, nel corso degli anni, sono stati altalenanti. Grandi amici, prima. Nemici poi. Tornati in buoni rapporti adesso. L’unico punto a sfavore di Pistelli è il suo sodalizio con Dario Franceschini, alleato del premier, ma tenuto a distanza, perché del “suo” ministro per i Beni culturali Renzi si fida fino a un certo punto. Franceschini, però, che punta al Quirinale, ha un po’ lasciato andare la sua corrente. L’unico suo fedelissimo di un certo peso è Antonello Giacomelli, che, infatti, sulla Rai ha tentato di fare una partita diversa da quella del presidente del Consiglio. Perciò Renzi medita di fare con Pistelli quello che ha già fatto con Mogherini, anche lei appartenente alla corrente di Franceschini: portarlo nella sua sfera di influenza. Operazione non difficile, dal momento che è il premier ormai a dare le carte, non solo nel governo ma anche nel Partito democratico.

 

Movimenti al Viminale. Le altre operazioni sono rischiose. Già perché è vero che il premier toglierebbe volentieri Angelino Alfano dal ministero dell’Interno, dove il titolare del Viminale è inviso alla struttura e dove, secondo Renzi, non sta facendo troppo bene, per mandarlo alla Farnesina. Infatti la politica estera la fa il capo del governo, quindi Alfano in quella poltrona sarebbe a sovranità limitata. E in questo modo il premier potrebbe allontanare da Palazzo Chigi il sottosegretario Delrio con cui, dicono, i rapporti non sono idilliaci. Più di un ministro ha sentito Renzi lamentarsi perché “Graziano non mi ha fatto vedere tutti i dossier che ha sulla scrivania”, o perché la riforma delle province stenta a decollare. Ma mandare in porto un’operazione di questo genere significherebbe aprire un contenzioso con il Nuovo centrodestra. Per questa ragione, Renzi al momento sembrerebbe poco propenso a prendere in considerazione questa ipotesi. A dire il vero c’è un’altra ragione che frena il presidente del Consiglio. Al di là di quello che si è scritto e che lui stesso dice, a Delrio non dispiacerebbe prendere il posto di Alfano. Nelle sue abili mani, infatti, quel posto potrebbe tornare a essere un ministerone di peso come è sempre stato. Ma è proprio questo il motivo per cui Renzi non intende spostare il suo sottosegretario.

 

Quote o non quote. Dopodiché, come è stato scritto e detto, l’operazione Pistelli ha l’inconveniente del genere. Si perché in questo modo non si rispetterebbe la parità uomini donne che ha contrassegnato la nascita del governo Renzi. Ma, tutto sommato, anche questo ostacolo è facilmente superabile, giacché il presidente del Consiglio, dopo tutte le nomine di donne fatte finora, sa bene che nessuno potrebbe accusarlo di avere un maschietto in più nel governo rimaneggiato nel post Mogherini.