Una parata dello Stato islamico a Raqqa, in Siria (Foto Ap)

Cambia verso a Damasco

Se non capite la politica di Obama in Siria avete perfettamente ragione

Daniele Raineri

Assad ora vuole che l’America bombardi la Siria. Il Pentagono armerà i ribelli (ma il presidente diceva “Stronzate!”).

Roma. Lunedì pomeriggio il presidente americano, Barack Obama, ha approvato l’inizio di voli di ricognizione sulle zone della Siria controllate dallo Stato islamico, con droni e aerei spia. E’ il primo passo verso i bombardamenti ed è un’indicazione forte che l’Amministrazione ha deciso di non ignorare più il gruppo islamista che gode di una relativa impunità in Siria e si sta espandendo aggressivamente in Iraq. Le fonti del governo che parlano con il Wall Street Journal e con il New York Times sottolineano che non ci sarà alcun coordinamento con il regime siriano del presidente Bashar el Assad – di cui più volte Obama ha chiesto la fine. Lunedì il ministro degli Esteri siriano, Walid al Moallem, ha detto che il governo di Damasco lavorerà assieme al governo di Washington ma che i bombardamenti americani devono essere notificati in anticipo o saranno considerati “atti di aggressione a un paese sovrano”.

 

A un anno di distanza dalla strage chimica alla periferia di Damasco e dagli strike americani prima minacciati e poi annullati all’ultimo minuto (anche la Francia stava per bombardare, il governo di Parigi ritirò l’ordine a poche ore dall’inizio), il mondo è capovolto. La Siria, che accusava Obama di essere un aggressore imperialista al servizio dei sionisti, ora offre collaborazione e invita gli americani a bombardare sul suo territorio, previa notifica di cortesia. L’America è indecisa, senza un indirizzo preciso di politica estera. Il sito Politico scrive che la visione di Obama è “confusa” e racconta di attacchi bipartisan che arrivano da democratici e repubblicani, che temono che il messaggio proiettato dall’America all’estero sia ormai incomprensibile (e quindi debole).

 

A gennaio, in un’intervista al New Yorker, Obama ostentò disprezzo per le capacità dello Stato islamico, specialmente se paragonate a quelle di al Qaida. “Se alcuni giocatori di basket dei campionati giovanili mettono la maglia dei Lakers non per questo diventano Kobe Bryant”. Otto mesi dopo, l’Amministrazione americana usa parole apocalittiche per descrivere lo stesso gruppo islamista: “La minaccia è oltre qualsiasi cosa abbiamo visto prima”, dice il segretario alla Difesa di Obama, Chuck Hagel. “E’ un’organizzazione che ha una visione apocalittica e che deve essere sconfitta, anche con bombardamenti in Siria”, ha detto il capo di stato maggiore americano, Martin Dempsey. Le parole sminuenti di Obama arrivarono dopo che lo Stato islamico aveva già conquistato la città di Falluja in Iraq, a un’ora di autostrada dalla capitale Baghdad.

 

Lunedì il portavoce della Difesa, l’ammiraglio John Kirby, ha detto che il Pentagono sta studiando un piano per addestrare e armare i ribelli siriani, in funzione anti Stato islamico. Due settimane fa, in un confronto a muso duro con alcuni membri del Congresso, Obama aveva detto che addestrare i ribelli perché combattessero lo Stato islamico sarebbe stata “horseshit!”, una stronzata. Obama era nervoso dopo un’intervista del suo ex segretario di Stato, Hillary Clinton, in cui la senatrice spiegava che durante il primo mandato una parte importante dell’Amministrazione premeva per armare e addestrare i ribelli, ma il presidente si opponeva. Tra i favorevoli al piano c’erano l’allora direttore della Cia, David Petraeus, l’allora segretario alla Difesa, Leon Panetta e l’attuale capo di stato maggiore Martin Dempsey. Poi il presidente ha confermato con parole più pulite in un’intervista al New York Times: “I ribelli come soluzione? Una fantasia”.

 

Frederic Hof è stato l’uomo di Obama incaricato di seguire il dossier siriano e diede le dimissioni nel 2012 perché non era d’accordo con la linea ufficiale. Ora scrive su Politico che “dire come ha fatto il presidente che non si poteva armare un esercito di contadini e panettieri è ignorare che in Siria da decenni tutti fanno il servizio militare e che decine di migliaia di ufficiali e soldati hanno disertato per unirsi ai ribelli”. Aggiunge Hof: se il piano è una fantasia, allora perché c’è un programma della Cia in Giordania per addestrare, ma soltanto in piccoli numeri, i ribelli?

 

Il lupo bussa alla porta

 

Ora che il lupo bussa alla porta, come ha detto Obama parlando dello Stato islamico, il piano sembra di nuovo fattibile e il Pentagono ne parla (al quarto anno di guerra). Assad intanto fa circolare la notizia che l’America gli sta “passando intelligence attraverso canali russi e iracheni” – forse per sostenere la versione salvafaccia di una collaborazione segreta. La politica estera poco credibile e confusa dell’America ha conseguenze inattese: Egitto ed Emirati stanno attaccando la Libia e non hanno nemmeno avvisato Washington.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)