Barack Obama (Foto Ap)

Dottrina ondivaga

Obama arma i ribelli siriani, però dice: “E' una stronzata”

Redazione

Il presidente s’infuria (e si contraddice) durante un incontro per spiegare la politica estera ad alcuni parlamentari.

Roma. Il presidente Barack Obama si è infuriato durante un incontro il 31 luglio con alcuni parlamentari americani e ha detto che l’idea che lui avrebbe dovuto armare i ribelli siriani è “horseshit”: una stronzata. Uno dei presenti ha raccontato a Josh Rogin, giornalista del Daily Beast, che il presidente si è molto agitato quando i membri del Congresso, che aveva invitato per un incontro riservato sulla politica estera, hanno cominciato a fargli domande sull’inazione americana in Siria. La risposta di Obama è identica a quella che ha dato una settimana più tardi – con un giro di parole più eleganti – in un’intervista al New York Times concessa per spiegare, ancora una volta, la sua politica estera: l’idea che armare i ribelli siriani avrebbe fatto qualche differenza “è sempre stata una fantasia”. “L’idea che noi avremmo potuto dare armi leggere o anche più sofisticate a quella che era un’opposizione essenzialmente formata da dottori, farmacisti, contadini e così via, e che loro sarebbero stati in grado di combattere non soltanto contro uno stato ben armato, ma contro uno stato ben armato appoggiato dalla Russia, dall’Iran e dai duri di Hezbollah, non è mai stata tra le opzioni sul tavolo”.

 

Come raccontato ieri nel Foglio, a Obama è successo di restare isolato su questa posizione dentro alla sua Amministrazione: il suo ex segretario di stato, Hillary Clinton, la pensa in modo opposto e domenica lo ha detto in un’intervista all’Atlantic che ha fatto rumore. Assieme a lei c’erano il direttore della Cia, David Petraeus, e il segretario alla Difesa Leon Panetta – era il 2012, quando ancora la guerra contro il presidente siriano Bashar el Assad non era dominata dai gruppi islamisti.

 

Le parole di Obama hanno sostenitori e detrattori (vale la pena notare, per inciso, che una grande parte della rivoluzione armata siriana nel 2012 era formata da disertori dell’esercito siriano e non da civili implumi). Questa linea inflessibile è però difficile da conciliare con le notizie arrivate da dentro l’Amministrazione Obama negli ultimi due anni sugli sforzi americani per armare e addestrare i ribelli. Il presidente contraddice se stesso? O si trattava di notizie false?

 

Fu lo stesso presidente Obama a rivelare a una delegazione di senatori americani l’esistenza di un programma di addestramento per i ribelli siriani. “I primi 50 sono già entrati in Siria”, disse loro in un altro incontro riservato, raccontato sul New York Times nel settembre 2013. Erano i giorni in cui Obama aveva cambiato all’improvviso idea sullo strike contro il regime di Assad ma aveva bisogno di mostrarsi duro e impegnato sul fronte siriano (del resto, aveva appena lasciato cadere nel vuoto le sue parole sulla invalicabile “linea rossa” delle armi chimiche).

 

Ripercorrendo a ritroso gli ultimi due anni ci si imbatte nei segni di questi aiuti obamiani alla rivoluzione siriana, sempre centellinati. Nel marzo del 2013 due giornalisti del New York Times, C. J. Chivers e Eric Schmitt, descrivono un traffico gigantesco di armi comprate in Croazia da Qatar e Arabia Saudita e trasferite ai ribelli siriani con l’aiuto di Giordania e Turchia. Almeno 160 aerei cargo, a partire dai primi mesi del 2012. Il tutto avviene, scrivono i due, sotto la supervisione della Cia.
Nel settembre 2012 il Washington Post annuncia con un titolo che la Cia sta cominciando a fornire armi ai ribelli siriani, dopo che il programma aveva subìto molti ritardi. Quella notizia cade nel nulla. Un mese dopo il Washington Post, di nuovo, scrive che la Cia sta espandendo il programma d’addestramento americano per i ribelli siriani, considerato troppo piccolo e non in grado di fare la differenza nella guerra. I ribelli “americani” combattono soprattutto sul fronte sud, ma sono troppo pochi.

 

A giugno il Wall Street Journal racconta per primo che l’Amministrazione ha chiesto al Congresso un maxi finanziamento da 500 milioni di dollari per addestrare e armare i ribelli siriani. La richiesta di Obama segue la logica del suo recente discorso sulla politica estera fatto a West Point: l’America preferisce fare affidamento su alleati locali – e aiutarli e armarli – nella guerra al terrorismo, piuttosto che mandare di nuovo “boots on the ground”, truppe all’estero. Il riferimento evidente è anche alla Siria, dove una parte dei ribelli è impegnata in una lotta per la sopravvivenza contro lo Stato islamico comandato dal califfo Ibrahim (Abu Bakr al Baghdadi). C’è anche da segnalare che alcuni gruppi ribelli, a partire dalla primavera, stanno usando alcuni missili controcarro Tow, di fabbricazione americana. Non sono per forza arrivati dall’America, ma si sospetta la supervisione del governo.

 

Sono passati più di tre anni dall’inizio della violenza in Siria ed è ancora oggettivamente difficile dire se l’Amministrazione Obama sta aiutando i ribelli contro Assad o se invece considera l’idea “una fantasia” (“stronzata”, in privato).