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La favola della decrescita felice

Redazione

Meno sviluppo fa male all’ambiente, dice uno studioso francese.

Dedicato ai fan della decrescita felice. Che felice non è affatto, nemmeno per l’ambiente, anche se l’argomento del “meno è meglio” è uno dei cavalli di battaglia dei guru alla Serge Latouche, convinti che la crescita economica sia sempre a spese della salute di “aria acqua suolo”. Il fisico francese Stephan Silvestre, animatore del blog Risk Energy, intervistato da Atlantico.fr commenta il secondo trimestre consecutivo di crescita zero dell’economia d’Oltralpe. Un’economia moribonda è davvero più propizia alla salute dell’ambiente? Neanche per sogno, risponde Silvestre, secondo il quale a compromettere un futuro più verde è proprio, con il suo effetto depressivo sull’economia, l’eccesso di regolamentazioni e di proibizioni che grava sulle industrie europee (per esempio, “piuttosto che investire nelle vecchie raffinerie europee per modernizzarle, gli estrattori preferiscono investire in medio oriente e in Asia, dove le condizioni sono meno onerose”). Zero crescita ed economia in affanno significano meno risorse da dedicare all’ambiente. “In linea di principio – ha spiegato Silvestre – le politiche ambientali si proiettano sul lungo termine, sono quindi più strutturali che congiunturali. Tuttavia, le congiunture obbligano a certe scelte.

 

Così, nel settembre 2012, il primo ministro inglese ha deciso di allentare la politica ambientale del suo governo al fine di concentrare gli sforzi sulla ripresa economica. Si può anche citare il caso degli Stati Uniti e del Canada, che hanno rifiutato di sottoscrivere il protocollo di Kyoto, per non ipotecare le loro prospettive di ripresa. Ma non si è trattato, per loro, di rinnegare i loro sforzi ambientali, ed è successo che quel rifiuto non ha impedito un importante calo delle emissioni di gas serra (-15 per cento per gli Stati Uniti dal 2008)”. Non bisogna illudersi, aggiunge Stephan Silvestre, che il calo di consumi energetici legato alla crisi (che si è effettivamente verificato a partire dal 2009 con la recessione, anche in Francia) si traduca automaticamente in un vantaggio duraturo per l’ambiente. Al contrario, l’assenza di crescita può comportare, sul medio termine, maggior inquinamento su scala globale, perché “per i paesi in via di sviluppo che bene o male investono nella modernizzazione delle loro infrastrutture industriali e pubbliche un marcato rallentamento della crescita può implicare un freno a questi investimenti”. La favola della decrescita verde e felice, conclude Silvestre, “è il nuovo avatar delle tesi anticonsumiste emerse negli anni Settanta nel contesto della Guerra fredda”. Ma converrà farsene una ragione: “I benefici della società attuale – salute, educazione, trasporti e servizi – sono frutto dello sviluppo intensivo nostro e, in larga parte, di quello degli Stati Uniti”.

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