Giorgio Napolitano e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Le urne di Napolitano

Redazione

Quella che era finora solo un’ipotesi giornalistica, l’alternativa secca tra l’approvazione in tempi ragionevoli delle riforme concordate tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi e il ricorso anticipato alle urne, è diventata una posizione esplicita del presidente del Consiglio.

Quella che era finora solo un’ipotesi giornalistica, l’alternativa secca tra l’approvazione in tempi ragionevoli delle riforme concordate tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi e il ricorso anticipato alle urne, è diventata una posizione esplicita del presidente del Consiglio. Questo dovrebbe significare che, siccome il potere di scioglimento compete al presidente della Repubblica, Napolitano ha dato il suo assenso, magari in forma indiretta, a questo percorso, altrimenti Renzi, se non è uno spregiudicato giocatore d’azzardo, non si sarebbe avventurato a mettere le cose in questo modo. D’altra parte leggendo controluce le esternazioni di Giorgio Napolitano durante la Cerimonia del ventaglio, si poteva intuire che l’anziano presidente non ha intenzione di cedere alle manovre dilatorie sulle riforme istituzionali. Una sua risposta un po’ sibillina, in cui ammoniva a non avventurarsi in un pronostico sulla data delle sue dimissioni, probabilmente conteneva una risposta indiretta a chi punta a spingerlo, dopo aver provocato il fallimento del percorso riformatore, a gettare la spugna lasciando al suo successore la responsabilità eventualmente di sciogliere le Camere.

 

Napolitano ha ricordato che sono state le Camere a larga maggioranza a chiedere le riforme istituzionali, il che induce a pensare che se non sono in grado di dare seguito concretamente a questo proposito sono le Camere a dover essere sostituite, non il presidente della Repubblica. Il tono di questa conversazione pre-feriale, che tradizionalmente ha un segno leggero e quasi frivolo, questa volta è apparso invece impegnativo e determinato. Napolitano non ne può più dei sabotatori che si ammantano di una falsa difesa delle istituzioni da inesistenti pericoli autoritari, e lo ha detto chiaro e tondo lanciando un messaggio inequivocabile soprattutto ai seguaci di Vannino Chiti, che si è assunto questo ruolo  con tutta l’animosità che contraddistingue le risse tra toscani.

 

Renzi ha colto la palla al balzo e ha reso esplicito quel che nel discorso di Napolitano, naturalmente, poteva essere solo adombrato. Ora è chiaro per l’opposizione interna al Partito democratico, chiusa nella tenaglia di Renzi e Napolitano, che se continua la sua azione di sabotaggio la pagherà nella composizione delle liste elettorali, che saranno compilate comunque dal segretario del partito, il che li porterà a dover scegliere tra l’irrilevanza all’interno del partito o la trasmigrazione in una irrilevante formazione ultraminoritaria. Il fatto che si faccia chiarezza sulle alternative presenti è comunque utile, per mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, e non solo nel Pd. Anche per l’area moderata potrebbe essere squillata la campanella dell’ultimo giro prima delle elezioni.