Piero Fassino (foto LaPresse)

In ventiquattro mesi

Claudio Cerasa

Senato, flessibilità e giustizia. Elezioni lontane. Ma il governo si misura sui due anni. Parla Fassino

“Due anni”. Dice Piero Fassino, sindaco di Torino, ex segretario dei Ds, uno dei primi dirigenti della vecchia guardia progressista a intuire con anticipo che Matteo Renzi sarebbe stato l’uomo giusto a cui affidare le chiavi del Pd e di Palazzo Chigi, che in tutta questa discussione sul Senato elettivo o non elettivo, sul bicameralismo perfetto o imperfetto, sulle preferenze o sulle liste bloccate, sulle soglie e sui premi di maggioranza, c’è un problema importante che spesso non viene sottolineato con la giusta attenzione. E’ questa la vera differenza che c’è tra Noi e Loro. Tra chi sogna che l’Italia possa essere un paese in cui chi vince le elezioni ha la possibilità di comandare e di governare. E chi invece sogna che l’Italia possa essere un paese in cui chi vince le elezioni non debba avere troppi poteri per esercitare la sua capacità di comando. “Per decidere”. “Non si tratta di parlare di gufi o di rosiconi. Si tratta di individuare un percorso. Questo governo ha senso se fa le riforme, se non tergiversa, se riesce ad andare fino in fondo nelle rivoluzioni promesse, se riesce a sbloccare il lavoro, la giustizia e la Pubblica amministrazione e se riesce a combattere con la giusta dose di determinazione le molte, troppe, corporazioni che tengono il paese in ostaggio. Bisogna proseguire su questa strada e i prossimi mesi saranno decisivi soprattutto dal punto di vista economico”.

 

In che senso? Fassino riconosce che, riforme costituzionali a parte, il dossier centrale del governo sarà l’economia. Ieri, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, durante un’audizione al Parlamento europeo a Bruxelles, ha ammesso che il quadro macroeconomico è deludente”, e anche per questo, continua il sindaco, più che pensare a quello che potrà fare l’Europa per l’Italia sarà necessario pensare a quello che il governo potrà fare davvero per l’Italia. “Bisogna mettersi d’accordo – continua Fassino – su che cosa si intende con la parola flessibilità. Io non sono tra gli illusi convinti che l’Europa ci farà chissà quali regali. Sono però sicuro che le nostre energie vadano concentrate su una partita importante dove invece ci potrà essere flessibilità: gli investimenti, non la spesa corrente. E’ l’unica partita vera. Investimenti e riforme. E poi ci sono i due anni”.

 


Due anni, già. Ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso la sua profonda sintonia con il percorso imboccato dal governo e allo stesso modo, dal suo punto di osservazione, il sindaco di Torino sostiene che la strada di Renzi sia giusta. Con un però. Perché se da un lato il presidente del Consiglio ha dato al suo esecutivo una prospettiva di “mille giorni” dall’altro lato c’è chi, come Fassino, sostiene che i mille giorni non sono la giusta unità di misura per osservare il governo Leopolda. “Sono convinto che le elezioni non siano vicine e che il centrodestra non abbia la forza per minacciare nulla. Non hanno un leader, hanno bisogno di tempo per ricostruire il campo e questo avvantaggia Renzi. Dall’altra parte però è vero che per fare le grandi riforme  serve tempo ma è anche vero che non c’è nulla di peggio che rinviare a data da destinarsi ciò che non si può rinviare. Bisogna misurarsi sui due anni. Bisogna pensare a quell’arco di tempo che va dal febbraio 2014 al febbraio 2016.

 

Renzi deve ricordarsi di questo: i mercati la prima valutazione sul suo governo la daranno nei prossimi ventiquattro mesi”. Chiediamo a Fassino: fa bene Renzi a far passare il messaggio che le elezioni possono essere un’arma da giocare in qualsiasi momento? “Il presidente fa bene a dimostrare che non ha paura di andare a votare. Sa che governare è come andare in bicicletta e che si va avanti solo se si fanno le cose. Ma a differenza dal passato oggi il premier ha il vantaggio di essere l’unico leader in pista ad avere una bicicletta. Gli altri mi sembrano tutti appiedati”. E il resto? Ieri il capo del governo, a proposito di riforme, ha sfidato il “partito della frenata” sul capitolo del Senato (7.800 emendamenti da votare) minacciando di far saltare le vacanze dei parlamentari per evitare che l’esecutivo tradisca la scadenza data (8 agosto) per approvare in prima lettura il pacchetto costituzionale. Accanto alla partita del Senato, continua Fassino, c’è un altro tema da non sottovalutare: la giustizia. A metà giugno Fassino è stato uno dei pochi dirigenti del Pd a mostrare un profilo garantista rispetto al caso Orsoni e il sindaco di Torino dice che sarà soprattutto dalla riforma della giustizia che gli osservatori stranieri misureranno il riformismo del governo. “Ci sono buone intenzioni, linee guida promettenti, idee convincenti. Ma sulla giustizia non si possono fare passi falsi. Occorre muoversi veerso una direzione chiara. Certezza dei tempi. Certezza del diritto. Solo così riusciremo a convincere gli imprenditori che l’Italia è davvero un paese dove vale la pena investire”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.