Piero Gnudi cerca 650 milioni dalle banche per risollevare l'Ilva

Redazione

Si tratta con Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare

Ammonterebbe a 650 milioni di euro la richiesta che il commissario dell'Ilva, Piero Gnudi, ha avanzato alle banche per il prestito ponte. Gli istituti di credito con i quali il commissario ha avuto un incontro ieri a Milano sono Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare, ovvero gli stessi con cui l'Ilva ha in piedi da mesi una trattativa al fine di reperire nuove risorse che le consentano di superare la grave crisi di liquidità nella quale si trova. I 650 milioni che Gnudi avrebbe chiesto alle banche sotto forma di prestito ponte sono quasi il doppio della cifra circolata in queste settimane e si avvicinano di più a quello che il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi (peraltro intenzionato a non accettare alcuna proroga dell'incarico) ha indicato come fabbisogno dell'azienda sia per la seconda parte del 2014 che per il 2015.

 

Ronchi, stimando i costi delle misure dell'Autorizzazione integrata ambientale attualmente in cantiere, ha parlato di un fabbisogno complessivo di 800 milioni, di cui 550 sino a giugno prossimo e 250 nella fase successiva. E di prestito ponte per circa 7-800 milioni si era parlato anche nei giorni delle trattative tra l'ex commissario dell'Ilva, Enrico Bondi - sostituito dal Governo ai primi di giugno proprio con Gnudi - e le stesse banche. Solo che a Bondi le banche hanno sempre detto no, non condividendo il suo piano industriale basato sull'uso del preridotto di ferro in alternativa all'agglomerato di minerali, valutando la contrarietà manifestata dal gruppo Riva, azionista di maggioranza dell'Ilva, e temendo infine un rischio fallimento per l'azienda. Adesso con Gnudi commissario il quadro si presenta un po' diverso in quanto, proprio per garantire le banche, il Governo lo scorso giovedì ha varato sull'Ilva un ennesimo decreto - che ora dovrà essere convertito in legge - il quale fa della prededuzione il suo punto di forza. In altri termini, le banche  sanno che prestando i soldi all'Ilva, sono più "garantite" in caso di eventuale default aziendale. La prededuzione, recita il decreto, è subordinata all'autorizzazione dei ministeri Ambiente e Sviluppo economico ed è valevole sia per la parte ambientale che per la gestione dell'esercizio aziendale.

 

"Il ricorso alla prededucibilità - si afferma nel testo che accompagna il decreto - è volto a facilitare la concessione del finanziamento e si giustifica in ragione degli interessi di carattere generale che si intendono perseguire, in particolare il risanamento ambientale e la continuità e valorizzazione dell'impresa. Il raggiungimento di tali obiettivi giustifica la compressione dei diritti particolari dei creditori, la cui possibilità di soddisfacimento è, in ogni caso, rafforzata dalla continuità dell'esercizio di attività di impresa".

 

Se questa garanzia della prededuzione servirà ora ad allentare i cordoni della borsa delle banche, e in che misura, è cosa che si vedrà nei prossimi giorni. E' indubbio, però, che si siano ritrovate di fronte una maggiore richiesta da parte di Gnudi e le prime valutazioni avrebbero messo in evidenza proprio la rilevanza della richiesta, probabilmente inattesa e ritenuta anche impegnativa. In effetti, gli impegni cui l'Ilva deve assolvere nei prossimi mesi sono tanti e rilevanti. Oltre ai lavori per l'Aia, ci sono da pagare fornitori, imprese di appalto, che a Taranto reclamano uno scaduto di 46 milioni di euro, materie prime e stipendi ai dipendenti. Gia' questo mese, per esempio, a conferma delle difficoltà, l'Ilva ha potuto pagare ai dipendenti solo gli stipendi di giugno e non anche il premio di produzione, quasi una quattordicesima che era in scadenza e che ora è slittata ad agosto.

 

Oggi alle 18.30, intanto, il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, incontrerà di nuovo, al Mise, i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm dopo il confronto del 3 luglio.  Guidi parlerà del prestito ponte e del decreto varato dal Governo, che i sindacati contestano ritenendolo del tutto inadeguato alla critica situazione dell'azienda. I sindacati, infatti, oltre alla prededuzione del prestito ponte, attendevano anche misure per un utilizzo più immediato, ai fini del risanamento dell'Ilva, delle risorse  che la Procura di Milano ha sequestrato ai Riva per reati fiscali e valutari (1,7 miliardi), misure che invece nel decreto non ci sono.

 

A Taranto, infine, riparte oggi l'altoforno 5 ma si ferma il 4. Lo stop, che riguarderà da venerdì anche l'altoforno 2 mentre rallenteranno l'attività le due acciaierie, è conseguenza di un guasto verificatosi ieri ad uno dei moduli della centrale elettrica del siderurgico. Saranno necessari circa 20 giorni di lavori nonché la collocazione in solidarietà di circa 100 addetti delle acciaierie 1 e 2. L'inattività di parte della centrale non permette a quest'ultima di "bruciare", per la successiva conversione in energia, la stessa quantità di gas di altiforni e cokerie.

Di più su questi argomenti: