Per Vincenzo Nibali quarto giorno in maglia gialla (foto LaPresse)

Le roi Nibali vola sul pavè del Tour de France

Giovanni Battistuzzi

Lo Squalo domina pietre e pioggia e lascia Contador a due minuti e mezzo. Froome cade due volte e si ritira. Ad Arenberg il Tour si riscopre magico e capace di stupire ancora

Il pavè non si può domare, va assecondato. Vincenzo Nibali oggi è stato maestro di rispetto e di bravura nel  condurre la bicicletta, cosa non facile e non banale sulle pietre della Roubaix. Froome invece non c’è neanche arrivato, caduto oggi due volte, ieri una. Polso dolorante, viso lungo e sofferente, è salito in macchina e ha detto addio ai sogni di doppietta. Lo Squalo invece al pavè si è avvicinato in primavera, con qualche ricognizione al Nord, l’ha ritrovato quando le ruote del gruppo hanno incontrato le pietre bagnate dei sette settori in programma oggi (erano 9, due, i più difficili, sono stati cancellati perché al limite della praticabilità). All’inizio in modo umile, poi volenteroso, infine tumultuoso, quando nel penultimo tratto ha addirittura provato, con i suoi compagni, a lasciare tutto il gruppo dei primi.

 

 

Poco importa se a vincere è stato Lars Boom, granatiere olandese della Belkin, Nibali ha fatto qualcosa di incredibile, così come la sua squadra. Westra immenso, in testa a tirare sulle pietre come sull’asfalto, Jacob Fulgsang, decisivo negli ultimi 8 chilometri per mantenere alto il ritmo. Vincenzo guadagna su tutti i suoi rivali, mette un solco tra lui, ballerino nel fango della campagna del nord della Francia, e gli altri uomini di classifica, Contador su tutti, che sotto la pioggia fatica, annaspa, infine affoga,  rimbalzando sul pavè e perdendo ad Arenberg oltre 2 minuti e mezzo. Nibali ha eretto un monumento a sé stesso, volando sulle pietre, dimostrando a tutti che nel ciclismo ci vuole coraggio, bisogna azzardare e non nascondersi. In uno sport che si sta infighettendo ha dimostrato cattiveria agonistico, ha dimostrato di essere corridore completo, spettacolare, emozionante Ha lasciato le paure agli altri e si buttato a capo fitto in una pianura che ha dimostrato di creare gli stessi distacchi delle grandi montagne, abbracciando idealmente quelle immagini in bianco e nero di campioni totali e onnivori che provavano a fare la differenza ovunque, come Merckx e Gimondi, Coppi e Bottecchia.

 

[**Video_box_2**]Un tempo infatti il pavè era una certezza al Tour. Venne introdotto da Henri Desgrange nel 1907, ovvero nella stessa edizione dell’inserimento in percorso delle Alpi. Rimase in programma sino al 1911, venne poi abbandonato, ripreso nel 1919, al ritorno dalla Grande Guerra, diventando decisivo in quell’edizione: Firmin Lambot, belga, nella tappa di Dunkerque s’involò sulle pietre e andò a vincere la Grande Boucle. Le loro strade si separarono dalla seconda metà degli anni 80, indebolito prima da sempre meno chilometri sulle pietre, dimenticato poi quando l’era della velocità a cronometro imperava e il progresso tecnologico imponeva un passo avanti, volare su strade qualsiasi purché asfaltate. Il Tour era una corsa a tappe e quindi inutile rischiare inserendo il pavè nel suo percorso. Questo il pensiero più in voga in quegli anni. Il motto di Goddet, patron della Grande Boucle dal 1947 al 1986 dimenticato: “Il Tour è la Francia e il pavé è un pezzo di Francia amatissimo e insuperabile per fama e bellezza”, quindi insostituibile. Diktat e amore, passione e imposizione. Il migliore a Parigi sarebbe dovuto passare anche per le strade in pietre che si trovano disseminate nella campagna francese attorno a Roubaix.

 

Il Tour senza il pavè “si può correre certo, ma perde fascino e chi lo vince perde qualcosa, un pizzico di magia”, disse Fiorenzo Magni, che il Tour non l’avrà mai vinto ma che sulle pietre ha costruito parte di una carriera straordinaria e un soprannome regale, almeno in Belgio, “il leone delle Fiandre”. Il fascino che era ritrovato ora, esaltato da Boom, vincitore, ma soprattutto da Vincenzo Nibali che l’ha onorato, che ha provato ad involarsi, riuscendoci, in un ambiente ostile e affascinante, diverso dall’asfalto nero e perfetto delle strade francesi, mitico. Chapeu, monsier Nibalì, la Francia ti ha scoperto, ti ha applaudito, ti imparerà ad amare.

 

Così al traguardo
1. Lars Boom (Netherlands / Belkin)       3:18:35"

2. Jakob Fuglsang (Denmark / Astana)      +19"    

3. Vincenzo Nibali (Italy / Astana)               

4. Peter Sagan (Slovakia / Cannondale)    +1:01"  

5. Fabian Cancellara (Switzerland / Trek)          


Così in Classifica generale
1.  Vincenzo Nibali (Italy / Astana)                                            20:26:46"

2.  Jakob Fuglsang (Denmark / Astana)                                       +2"      

3.  Peter Sagan (Slovakia / Cannondale)                                     +44"     

4.  Michal Kwiatkowski (Poland / Omega Pharma - Quick-Step) +50"     

5.  Fabian Cancellara (Switzerland / Trek)                                    +1:17"   

6.  Jurgen Van den Broeck (Belgium / Lotto)                                 +1:45"   

7.  Tony Gallopin (France / Lotto)                                   

8.  Richie Porte (Australia / Team Sky)                                          +1:54"   

9.  Andrew Talansky (U.S. / Garmin)                                             +2:05"   

10. Alejandro Valverde (Spain / Movistar)                                     +2:11"