Un momento della processione della Madonna a Oppido Mamertina (foto LaPresse)

Oppido Mamertina, l'impressione esorcistica di una montatura facile

Giuliano Ferrara

Come al solito, il mio primo istinto è di non credere a quanto raccontato nel filone del già noto e premasticato. Talvolta ho torto marcio, salvo le volte in cui ho scandalosamente ragione. Non gioco fin da ragazzo nella squadra dei benintenzionati, e tu da amico lo sai.

Al direttore - Dopo la sconcezza della Madonna fatta prostrare davanti al boss, invece che preti e fedeli, amministratori (figurarsi) e vecchie zie, ci salveranno forse i marescialli dei Cc?
Stefano Di Michele

 

Come al solito, caro Stefano, il mio primo istinto è di non credere a quanto raccontato nel filone del già noto e premasticato. Talvolta ho torto marcio, salvo le volte in cui ho scandalosamente ragione. Non gioco fin da ragazzo nella squadra dei benintenzionati, e tu da amico lo sai. Ho avuto l’impressione dai video e da altro che le cose non siano andate così, con la prostrazione della Madonna a un vecchio boss nella sua casa, fatto enorme per indecenza religiosa e civile ma, secondo alcune testimonianze in loco come quella del sindaco, non accertato e indebitamente enfatizzato (gli amministratori calabresi sono tutti esposti al sospetto, come dimostra il tuo messaggio epistolare, però un certo rispetto per la democrazia, per la sua misteriosa vigenza anche nelle zone grigie della vita civile, sconsiglia di esagerare). Ma va bene, ammettiamo che un gesto di omaggio al vecchio notabile criminale che fa l’ergastolo in casa, e per orrendi reati, ci sia stato, nel corso di una processione mariana in una comunità segnata dall’influenza sociale della criminalità organizzata e in tensione per la vigorosa intemerata di papa Francesco contro i mafiosi scomunicati, e che l’onore dello stato, per lo meno, sia salvo in virtù di un bel gesto, bello davvero oltre che carico di simboli, di un carabiniere da fiction televisiva. Al quale gesto seguirono pronunciamenti altrettanto edificanti della politica e dell’episcopato, ciascuno accorrente verso una piattaforma di giustizia per una volta senza misercordia, con i preti e i cappellani riottosi censurati per un atteggiamento pastorale inclusivo anche verso i carcerati che hanno rifiutato la messa sentendosi deposti già vivi sull’orlo dell’inferno. D’altra parte, come dice il saggio anonimo, la realidad es una alucinación causada por la falta de alcohol. Io in certo senso sono anche troppo cristiano, e poco amico di Pilato: la verità esiste, anche se la realtà vacilli, come dimostra la verità della poesia, dell’epica o del mito. E della fede.

 

Sì, perché questa storia tirata fuori da Roberto Saviano della “fede criminale” non mi convince. Non solo per ragioni formali, per essere una formula semplificatrice che sa di propaganda, per essere, la “fede criminale”, un ossimoro più che un paradosso. A guardare nella storia, e dove altro dovremmo guardare?, si scopre che ’ndrine e cosche e camorre sono intrise nel tempo da senso della comunità elementare ed elementare religiosità, giurano su Michele Arcangelo, derivano anche da radici religiose e antropologiche rituali e assoluti demenziali o vaneggianti, come l’affiliazione di sangue, il loro “per sempre” che se non fosse una bestemmia idolatrica diremmo eucaristico. I peccatori di fede esistono e colpiscono il nostro cuore umano naturale nei casi sbalorditivi della persistenza di vecchie favole e comportamenti da lupi, ma per i cattolici e non solo per loro una fede senza peccatori e senza peccato, una fede innocente, “non criminale” o potenzialmente criminale, non esiste in altri che non sia il Signore (e la sua divina Madre vergine). Credo sia inconfutabile.

 

L’altro aspetto della faccenda che non mi convince è sempre quello: il papa che scomunica la criminalità organizzata e invita alla conversione i suoi adepti (e non è la prima volta) piace troppo, piace troppo a un mondo voglioso di giustizia semplificata e sommaria (e sulla differenza tra voglia e desiderio ci ha bene illustrato sabato Umberto Silva), mondo che aveva appena scommesso sulla misericordia senza giustizia in tanti campi della vita umana. I confini tra lo stato di diritto e il governo delle anime, noi laici devoti li conosciamo meglio degli atei devotissimi e pieni di Lumi da oscurare la vista loro. Il boss criminale trasformato in demoniaco oggetto di un culto popolare o del suo antidoto non ha posto in una società appena liberale: la chiesa fa la sua parte, trovando un equilibrio tra giustizia e misericordia nell’orto del suo cuore, lo stato si occupa di comminare ed eseguire pene in relazione a reati che restano reati per quanto mostruosi siano. E per quanto sia mostruosa la associazione alla religione, anche tortuosa e indiretta, di questi reati, nella forma di peccati li giudicherà il prete, e in quella di reati il tribunale. Insomma, caro Stefano, ho avuto l’impressione esorcistica di una montatura facile facile, e odiosa.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.