Nella patria di Bob Marley e dei rastafari, i coltivatori di ganja preferiscono l'illegalità (tollerata) al losco monopolio pubblico

Com'è che proprio in Giamaica si fatica a legalizzare la cannabis

Redazione

Nella patria di Bob Marley e dei rastafari, i coltivatori di ganja preferiscono l’illegalità (tollerata) al losco monopolio pubblico. Motivo: la paura che anche il sistema di concessione delle licenze sia preda del garrison system, ovvero la nostra "lottizzazione".

 “Allora legalizzate la marijuana / proprio qui in Giamaica sì / può risollevare un’economia in crisi / eliminare una mentalità da schiavi”, cantava Bob Marley, spiegando che era anche “l’unica cura per l’asma” e “per il glaucoma”. “Legalizzatela / non criticatela / Qualcuno la chiama tampee / qualcuno la chiama erba / qualcuno la chiama marijuana / qualcuno di loro la chiama ganja”, cantava anche Peter Tosh. Non solo per i versi dei re del reggae, l’immagine della Giamaica è talmente associata alla canapa indiana che si può forse rimanere sorpresi all’apprendere che in realtà le “canne” vi sono ancora formalmente vietate, anche se di fatto ampiamente tollerate. Dopo 101 anni di vigenza della Ganja Law con cui nel 1913 le autorità britanniche provarono a interdire quella droga che nell’isola era stata portata da emigranti indiani, l’esempio che viene a sud dall’Uruguay e a nord dal Colorado sta ora inducendo il governo di Kingston a studiare a sua volta una forma di legalizzazione. Ma, a sorpresa, la principale resistenza alla riforma viene proprio dai contadini che la coltivano. Motivo: la paura che anche il sistema di concessione delle licenze per coltivare legalmente la canapa indiana sia preda del garrison system. Una versione giamaicana della nostra lottizzazione partitica, che in realtà riesce a essere addirittura più estrema della nostra partitocrazia. 

 

La proposta del ministro della Giustizia Mark Golding, appartenente al governo di sinistra di Portia Simpson-Miller, è infatti quella di autorizzare il libero possesso di una dose fino a due once di “ganja”, 57 grammi, per “usi religiosi, medicinali e scientifici”. La marijuana è infatti considerata uno strumento di meditazione e ricerca della saggezza dai rastafariani, la curiosa fede religiosa che era praticata anche da Bob Marley, che considera il negus Hailé Selassié un Messia e una reincarnazione di Cristo, e a cui appartiene almeno il 5 per cento della popolazione giamaicana. Secondo i miti rastafari, la marijuana cresceva nell’Eden al fianco dell’Albero della conoscenza del bene e del male, e in seguito fu riscoperta dall’umanità dopo essere cresciuta sulla tomba del Re Salomone: saggio per eccellenza, e antenato di Hailé Selassié attraverso il matrimonio con la Regina di Saba. Tramite loro la “ganja” si è anche largamente diffusa nella farmacopea popolare e fra i giamaicani non rastafariani. I rastafariani sono dunque in prima fila nell’aspettare l’esito del voto con cui a settembre il Parlamento dovrebbe attuare la riforma. Angela Brown Burke, sindaco di Kingston, parla anche dell’opportunità di sviluppare un’industria della marijuana per creare posti di lavoro in un paese che ha l’economia depressa in permanenza da almeno una ventina d’anni. In effetti, la prima società per lo sfruttamento legale delle proprietà medicinali della canapa indiana è stata lanciata con la benedizione del governo fin dall’anno scorso: la Medicanja del dottor Henry Lowe, pioniere della lotta al glaucoma. 

 

[**Video_box_2**]Ma proprio questo interessamento governativo sembra sospetto ai piccoli coltivatori, particolarmente numerosi sulle montagne attorno a Kingston. La Giamaica è infatti un paese il cui gioco politico è tutto in mano al ferreo bipartitismo tra due forze politiche entrambe di origine sindacale: a sinistra il People’s National Party di Portia Simpson-Miller; a destra il Jamaica Labour Party del suo predecessore Andrew Michael Holness. Entrambi i partiti sono famigerati per il modo in cui controllano l’elettorato attraverso una rete di sistemi clientelari il cui fulcro è l’assegnazione delle case popolari. In Giamaica ci sono varie circoscrizioni in cui l’uno o l’altro partito arriva regolarmente oltre il 90 per cento dei suffragi: una presa talmente “militare” che il sistema è definito “garrison”, come le guarnigioni militari. “Se la marijuana viene legalizzata, c’è il rischio che le licenze per coltivare vengano date solo a chi ha i contatti giusti”, spiegano i contadini ai giornalisti.