Catastrofismo vade retro

Numeri che smontano il falso mito degli italiani alla canna del gas

Redazione

Sorpresa. Il reddito rifiata (dice Bce), la ricchezza aumenta e qualcuno si tuffa nella turbo finanza. Bene i mutui.

Che cosa sono i coco bond? E i certificates? Nel primo caso nulla a che fare con Gabrielle Bonheur Chanel, detta Coco. Nel secondo esistono con il turbo o l’airbag e sono protagonisti di un rally, ma non hanno nulla a che vedere con auto e motori. Stiamo parlando di strumenti finanziari a notevole rischio e con alto rendimento, sui quali si stanno gettando parecchie famiglie italiane, smentendo così un assioma del catastrofismo nazionale: che siano sempre più povere. E se risparmiano qualche spicciolo, nel timore di impoverirsi ancora di più, li mettano alle Poste, nei poco redditizi titoli di stato, su un conto deposito, in fondo a un cassetto, sotto il materasso. Già ieri la Banca centrale europea, nel Bollettino di giugno, ha rilevato che il reddito reale famigliare nei “paesi sotto stress” dell’Eurozona ha smesso di ridursi con il terzo trimestre 2013, dopo un calo durato dal 2009. Invece la Banca d’Italia, nella sua Relazione annuale, si occupa di un altro indicatore fondamentale, il patrimonio e i risparmi, sottolineando un “forte incremento di acquisti netti di attività finanziarie nel 2013 da parte della famiglie italiane”. Incremento pari a 30 miliardi di euro: “Sono aumentati gli investimenti in azioni, partecipazioni e altre forme di risparmio gestito, a fronte di ingenti vendite di titoli pubblici e obbligazioni di banche italiane”. Risultato: mentre per il deprezzamento delle abitazioni la ricchezza immobiliare in rapporto al reddito si riduceva di un decimale (da 8 a 7,9 volte), quella finanziaria aumentava del 2,1 per cento, risultando 3,6 volte il reddito. “Un rapporto – nota Banca d’Italia – superiore a quello pre-2007 e agli altri paesi dell’euro”. E un patrimonio di 3.896 miliardi – immobili esclusi – che rapportato al reddito supera quello di Francia, Germania, Spagna e della media euro, collocandosi alle spalle di paesi tradizionalmente dediti alla finanza come Stati Uniti e Gran Bretagna. La loro parte la fanno anche strumenti a rischio o sofisticati, come coco bond e certificates. I primi, “convertible contingent bond”, detti coco, sono stati lanciati dalle banche per aumentare la patrimonializzazione: obbligazioni al 7-9 per cento che si tramutano in azioni se l’istituto non realizza il parametro del 6 per cento nel Tier 1, il patrimonio primario previsto dal trattato Basilea 3. La Bce e altre Autorità di vigilanza hanno dato a questi titoli la benedizione, benché se una banca fallisce l’obiettivo, dando ai sottoscrittori azioni, queste saranno notevolmente svalutate. Anche per questo i coco bond, in Italia diffusi soprattutto da Intesa e Société Générale, sarebbero riservati alla clientela istituzionale. Ma con tagli minimi da 100 o 200 mila euro o dollari non è difficile costituire piccoli consorzi tra privati. Secondo una stima della Deutsche Bank nei prossimi tre anni potrebbero circolare 700 miliardi di euro di coco bond, per circa un quinto in Italia. Quanto ai certificates, destinati invece ai privati, nei primi tre mesi 2014 ne sono stati collocati in Italia per 2,5 miliardi – un boom – con previsione di 10 miliardi a fine anno, rispetto ai 6 del 2013. Sono tipici derivati che replicano l’andamento di indici sottostanti, e per questo possono avere una protezione (“airbag”), un moltiplicatore (“turbo”), o un incrocio di entrambi (“express”). Fatto sta che le famiglie italiane ne sono tra i principali clienti, “il che dimostra – dice un banchiere straniero che opera in Italia – che non c’è solo la leggerezza che portò a comprare i bond argentini o di Cirio, ma un certo margine di sicurezza di chi è disposto ad affrontare un rischio calcolato”. Il che fa a botte con l’iconografia di chi mette via soldi per paura o per pagare la rata del mutuo.

 

[**Video_box_2**]Altro che superdebiti e paura dei mutui Anche su questo fronte la Banca d’Italia fa chiarezza: “Nel 2013 – scrive – i debiti finanziari sono diminuiti dell’1,6 per cento, e il rapporto con il reddito è contenuto a livello internazionale”. Colpa del “braccio corto” delle banche? Solo in parte. I mutui sono diminuiti dell’1,2 per cento l’anno scorso, ma nel primo trimestre 2014 c’è stata una ripresa robusta, dell’8,4. Via Nazionale ha misurato anche la “vulnerabilità” delle famiglie, ossia l’impossibilità di ripagare i mutui per l’eccessiva incidenza sul reddito (quando supera il 40 per cento): questa situazione riguarda tre famiglie su 100, con tendenza a scendere. Poco più della Germania, due punti meno del Belgio, circa un terzo dell’Olanda e un quarto della Spagna. Nettamente al di sotto della media europea, che è del 5,7 per cento.

 

Certo, è vero che l’economia stenta a ripartire, consumi compresi, ma le famiglie italiane sembrano scommettere sulla ripresa. Molto più di chi invece le descrive come povere, superindebitate e oltremodo impaurite.

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