Se anche il bianco si germanizza, in stile euro

Edoardo Narduzzi

La capitale vinicola della Germania, Treviri, è una città di sangue romano.

    La capitale vinicola della Germania, Treviri, è una città di sangue romano. Furono le legioni a portare la vite fino a qui e a piantarla lungo la Mosella, costruendo i terrazzamenti ancora in uso. I germani, poi, la ribattezzarono Trier, la città che diede i natali a Karl Marx. Non può sorprendere, quindi, che l’unico vino tedesco che abbia mai ricevuto il punteggio massimo di 100/100 da Robert Parker, una sorta di Moody’s delle etichette, sia proprio un bianco della Mosella: il Markus Molitor Wehlener Sonnenuhr Riesling Auslese del 2011. Un premio anche ai romani che furono tanto lungimiranti nell’individuare nelle assolate colline che costeggiano il fiume dei terreni ottimali per la viticoltura.
    Ben più importante è, invece, la presenza dei vini tedeschi tra quelli più costosi del mondo. Tra i cinque vini di testa della graduatoria dei 50 più costosi al mondo, secondo la classifica di Wine-searcher, due sono teutonici. Due bottiglie iconiche sempre della Mosella, l’Egon Müller-Scharzhof Scharzhofberger Riesling Trockenbeerenauslese, che vale un prezzo medio di 7.255 dollari americani e che è anche il bianco più costoso al mondo, perfino più del blasonato francese Domaine Leflaive Montrachet Grand Cru, e lo Joh. Jos. Prüm Wehlener Sonnenuhr Riesling Trockenbeerenauslese, la cui bottiglia ha un prezzo medio di 5.415 dollari. Nessuna etichetta italiana è tra le 50 più costose al mondo, mentre la folta presenza di bianchi tedeschi, ben quattro nella graduatoria totale, riflette lo stato di salute dell’economia e della bilancia commerciale di Berlino. La germanizzazione dell’Eurozona procede rapida e neppure il vino, una tradizione produttiva dei Pigs mediterranei, riesce ad arginarla.