Una fogliata di libri
Una vera americana
La recensione del libro di Rachel Khong edito da NN Editore, 496 pp., 20 euro
Lily ha gli occhi a mandorla ma non parla una parola di cinese, e la sua sete di affermazione nella New York del settembre 2001 è minima rispetto a quella che la madre, genetista capace di far crescere un prato di quadrifogli, ha dovuto dimostrare per vivere e sopravvivere durante la Rivoluzione culturale. La fortuna, nella sua accezione più comune e rotonda, bussa alla porta di Lily sotto forma di un giovanotto biondo, con gli occhi azzurri, dolce e gentile e pure di ricchezza sconfinata, e quello che in mano a una narratrice meno brava sarebbe un lieto finale scontato si trasforma, nelle pagine di "Una vera americana", in un punto di partenza capace di mettere i personaggi davanti al tema della sorte, buona o cattiva che sia, e al tentativo eterno che l’uomo fa di manipolarla. Che Rachel Khong, scrittrice californiana nata nel 1985, fosse dotata di una visione originale e di una scrittura scoppiettante si era già visto in Bye bye vitamine!, pubblicato anch’esso in Italia da NNE, ma "Una vera americana" è un romanzo di un’ambizione diversa, che non si limita a reagire ai singulti sovranisti dei nostri tempi e alle intemerate trumpiane – il titolo originale è Real Americans – ma traccia una storia di ampia gittata in grado di far riflettere il lettore sul tema dell’identità, scombinando le sue convinzioni e divertendolo al tempo stesso. Il New York Times ha scritto che “sostanzialmente le pagine si girano da sole” e questo è più che sufficiente per far perdonare qualche forzatura nella trama, forzatura che comunque non incrina la forza dell’insieme e la chiarezza di visione. “La luce era diversa in America. Quella fu la prima impressione. Era satura, dorata come il tuorlo di un uovo buono”: questo è il tipo di descrizione che Khong, che ha ottenuto i suoi primi riconoscimenti scrivendo di cibo, dissemina tra le pagine del romanzo, in cui gli elementi sensoriali hanno sempre un ruolo centrale, senza compiacimenti.
Nelle tre parti del romanzo, quasi tre libri uniti da cavi solidissimi, si percorre una sorta di archeologia della mentalità dura, spesso intransigente, che le prime generazioni di immigrati hanno sviluppato superando ostacoli inimmaginabili e che ora rivendicano con orgoglio, come se l’etichetta tanto ambita di real Americans, ottenuta a colpi di lavoro, stravolgimenti alimentari e incredulità perenne davanti alla società dei consumi, spettasse a loro e solo a loro. Fare fortuna, avere fortuna: la parola è sempre la stessa, e comunque non basta.
Rachel Khong
Una vera americana
NN Editore, 496 pp., 20 euro
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