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una fogliata di libri
Milano, tu che vivi e nasci di nuovo
La strada della casa di una volta, a Porta Nuova, al Fatebenefratelli. In una città invisibile, spesso difficile da perdonare
E’ stato senza pensarci se l’altra mattina ho ripercorso la strada dalla mia casa di bambina, a Porta Nuova, al Fatebenefratelli. Pioveva forte. Milano con la pioggia più bella, nel riflesso d’acqua dagli asfalti come più viva.
La strada di quando andavo alle elementari. Non vedendo i grattacieli di oggi: invece, assorta, la città di fine anni Sessanta. Davanti a noi c’era il rugginoso Lunapark delle Varesine, al mattino sbarrato; e subito, in via Galilei, macerie di case di ringhiera bombardate, sommerse da rovi e rampicanti, quasi volessero rimangiarsele. C’era un muro con l’impronta di un quadro, ancora. Una Madonna sopra a un letto? La guardavo sempre, quell’ombra. Chissà che ne era stato di chi viveva lì, con i segni ingrigiti sulle cantine – “U.S.”, Uscita di Sicurezza. Un frammento di guerra, intatto.
Poi sceglievo fra via Vespucci, allora losca, tutta alberghi a ore, e viale Monte Santo. Contemplavo stupita un vespasiano verde. L’unica cosa che invidiavo ai maschi era la comodità nel far pipì.
Ma già a Principessa Clotilde si allargava la fragranza delle rosette appena sfornate. Accanto, la cartoleria, piena di bambini. Aroma di quaderni, di inchiostri, di carta assorbente di ogni colore – fitto odore di scuola. Col caldo, dal Naviglio aperto accanto alle novecentesche scuole elementari emanava un tanfo greve: zanzare pesanti faticavano a volare. Noi bambine col grembiule bianco su vocianti per le scale. Grandi aule, trenta banchi, ampie finestre schermate d’estate dalle tende di sacco. Le infiorescenze rosa degli ippocastani e il profumo struggente dei tigli dicevano a giugno: è estate.
L’altra mattina sotto la pioggia, allontanandomi dalla mia vecchia casa, ho voltato gli occhi verso il balcone del sesto piano, un tempo fiorito come una giungla, da cui mia madre mi salutava.
Sul balcone spoglio, nessuno.
Sciocca che sei, mi sono detta, tu e la tua città invisibile. La città in cui nasci è una madre, spesso difficile da perdonare. Buon Natale Milano, che vivi e nasci di nuovo.