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Una fogliata di libri

Affettività? Leggere la “Sonata” di Tolstoj

Michele Silenzi

In poco più di cento pagine, l’assassino racconta al suo vicino in treno l’intera vicenda di come ha ucciso la moglie in un impetuoso racconto che mostra e non spiega: il suo monologo però è più esplicativo di qualsiasi puntigliosa analisi socio-psico-pedagogica

Immaginate di essere su un treno, di stare compiendo un lungo viaggio da nord a sud e di trovarvi invischiati con un agente di commercio, una elegante signora liberal, un avvocato piacione ed educato, un vecchio reazionario in una conversazione sul matrimonio, sulla sua possibilità o impossibilità e su quanto l’amore sia determinante in questa unione. E mentre la conversazione prosegue in maniera scoppiettante, in piedi, dietro al sedile di uno dei conversatori, compare un uomo incanutito anzitempo con un’aria nervosa e gli occhi febbricitanti che interviene con la certezza e la disperazione di chi parla in generale di qualcosa che, in realtà, ha vissuto direttamente. Fino a che, senza esitazioni, dice che forse l’avete riconosciuto, avete sentito parlare del suo caso, lui è “quello a cui è capitato quell’episodio critico al quale alludete, l’episodio d’aver ucciso sua moglie”. Invece di perdersi in inutili, burocratizzate lezioni sull’affettività e sull’educazione sessuale, roba da dolce Stato etico, se proprio si vuole fare una campagna di “sensibilizzazione” maschile, si faccia leggere a tutti gli uomini, di ogni età, “La sonata a Kreutzer” di Tolstoj.

 

In poco più di cento pagine, l’assassino racconta al suo vicino in treno l’intera sua vicenda in un impetuoso racconto che mostra e non spiega. Ma proprio ciò che viene mostrato dalle parole del protagonista, praticamente un monologo, è più esplicativo di qualsiasi puntigliosa analisi socio-psico-pedagogica. Un rapporto tra marito e moglie terribile, che oggi si definirebbe, oscenamente, un “rapporto tossico” in cui una assoluta ostilità reciproca la fa da padrone. “E così questa era la nostra vita. I nostri rapporti diventavano sempre più ostili. E finalmente si giunse al punto che non era più il disaccordo a produrre l’ostilità, ma l’ostilità a produrre il disaccordo: qualunque cosa lei dicesse, io non ero d’accordo fin da prima e proprio lo stesso capitava a lei”. Liti furiose per nulla, e furiose riconciliazioni sessuali che dopo lasciavano il rapporto affogare ancora di più nel più nero inspiegabile rancore. E’ questo rancore generato da due corpi che si desiderano e due spiriti che si respingono il motore della tragedia, non la banale gelosia. 

 

Qui tutto è filtrato dall’ossessione della “carne” di Tolstoj, un’ossessione assoluta che pervade l’animo del protagonista. Alla fine è proprio l’ossessione di sapere la carne della moglie (altrimenti detestata) posseduta da un altro che lo porta a ucciderla. La sonata che dà il nome al titolo è l’evento galeotto che mette in contatto la moglie con un sensuale violinista. Se la cosa avviene, se la moglie ha commesso il tradimento, ovviamente poco importa. E’ l’ossessione che domina. Questo libro è forse il più straordinario spot contro il matrimonio che si possa immaginare. Descritto come una gabbia maniacale in cui persino i figli, l’uxoricida ne ha cinque con la moglie, non sono altro che finestre possibili di dolore, ossessioni anch’essi, per il troppo amore e la troppa cura che inevitabilmente si ha nei loro confronti. Solo nella morte, dopo averla pugnalata, il protagonista si rende conto di tutto, e invece che come “una cagna” la moglie gli appare finalmente come un essere umano: “Solamente quando vidi il suo viso morto, capii quello che avevo fatto. Capii che io, io l’avevo uccisa, che per causa mia era accaduto che lei prima era viva, si moveva, era calda, mentre adesso era diventata immobile, cerea, fredda, e che a questo non si poteva rimediare mai, in nessuno luogo, in nessun modo”.

 

Tutto il libro di Tolstoj, furioso e grandioso, è dominato da un moralismo folle, allucinato, ma la potenza della narrazione è in grado di sovrastarlo, e di dire di più di quanto forse non voglia. Tanto che, come scrive Vittorio Strada nella sua nota introduttiva all’edizione Einaudi, “la tolstojana denuncia della malefica forza del sesso sortì l’effetto opposto a quello desiderato dall’autore e un’inchiesta fatta allora tra gli studenti di Mosca da un certo dottor Clenov per studiarne la vita sessuale appurò che, per molti, tra le opere letterarie che avevano stuzzicato gli istinti c’era proprio la Sonata”. 

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