Una Fogliata di libri
Pensare il Buongoverno. La democrazia e i limiti del potere
La recensione del libro di Flavio Felice edito da LEV, 168 pp., 20 euro
Con "Pensare il Buongoverno. La democrazia e i limiti del potere", Flavio Felice, ordinario di Storia delle dottrine politiche presso l’Università del Molise, offre un lavoro di grande importanza. Esso occupa un posto primario tra gli studi sul pluralismo sociale in Italia, diversamente che all’estero, assai poco praticati. Il volume costituisce il punto di arrivo di una ricerca già lunga, feconda e importante, e poi chiama e consente ulteriori approfondimenti.
La originalità culturale e scientifica del testo, e politica occorrerebbe aggiungere in tempi come i nostri di nostalgie stataliste e populiste, meglio si comprende alla luce del percorso intellettuale compiuto dell’autore. Felice ha insegnato prima nelle università pontificie e poi in quella statale italiana. Ha avuto come maestri prima Rocco Buttiglione e poi Dario Antiseri, filosofo (del linguaggio, della scienza, della politica) che come pochissimi in Italia ha illustrato l’incontro tra cattolicesimo e liberalismo di marca anglosassone. Felice ha frequentato con eguale cura e passione il pensiero dell’ordoliberalismo austro-tedesco e quello del cattolicesimo liberale statunitense (a cominciare da Novak). Nel frattempo ha affondato radici sempre più profonde nell’opera di Luigi Sturzo.
Il lavoro cerca di presentare in modo sistematico l’idea di un ordine sociale imperniato non su di un solo tipo di potere: lo Stato. Felice prova invece a mostrare cosa significhi pensare un ordine sociale imperniato su numerosi poteri che concorrendo si limitano. Siamo oltre la distinzione classica dei tre poteri politici (esecutivo, legislativo, giudiziario), siamo molto oltre la gabbia più o meno dorata che i corpi intermedi cercano nello Stato; siamo ormai oltre la linea di un angusto orizzonte e nello spazio ben più ampio e libero di quella che Sturzo denominava plurarchia, altri poliarchia (ma in un senso più radicale e non solo intrapolitico come era in Althusius e ancora in R. Dahl), altri ancora combinazione di sussidiarietà verticale e orizzontale. In breve, Felice si impegna nel tentativo di pensare e di descrivere in alcune esperienze storiche quanto K. Popper prese a chiamare “società aperte”.
Del volume, la prima parte risponde ad una istanza teorica generale (quale la governance per una poliarchia, quale sussidiarietà, quale rapporto tra potere politico e poteri non politici, come riconoscere le autocrazie). La seconda vede la prospettiva restringersi e concentrarsi sulla plurarchia quale tentativo di risposta ad una istanza di pace duratura e realisticamente intesa.
Senza mai cedere a confusioni o scorciatoie, a ogni passaggio chiave del testo è sottesa la attenzione al magistero della Chiesa cattolica ed è accompagnato dalla vigilanza di una coscienza credente e per questo sempre in ricerca.
Flavio Felice
Pensare il Buongoverno. La democrazia e i limiti del potere
LEV, 168 pp., 20 euro
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