
Sul limitare della città dei morti. Lettera da un confine
Tornare a Milano, dopo avere toccato un crinale. Non segnato su Google Maps. Una singolare passeggiata accanto al Cimitero Monumentale
Cercavamo un ingresso laterale del Cimitero Monumentale. Domenica, le quattro: il caldo mozzava il fiato, nell’aria pregna di umidità. Abbiamo imboccato da viale Luigi Nono una stradina che costeggia le mura rosse del cimitero. Curioso come, passando di qui ogni giorno, quella via non l’avessi mai notata.
Dapprima, ancora Milano: una colonna di auto e non un posto libero, come sempre. Ma, proseguendo, siamo arrivati a un angolo cieco. La strada finiva, il muro di confine del Monumentale, a nord, ripiegava. L’asfalto però di colpo frantumato, il selciato disassato da lasciarci uno pneumatico. Mio marito ha fatto inversione, io sono scesa a dare un’occhiata. A chiudere il passaggio, una barriera portava un divieto di accesso. Dietro ho intravisto pile di assi di legno, e una ruspa, mi pare – ho guardato solo un istante e sono tornata in auto. Come davanti a un confine: qui inizia, gravava un segnale non detto, la città dei morti. Mentre mi chiudevo dietro la portiera un grosso tafano mi si è avventato su una caviglia, e mi ha punto.
Dal nulla intanto sono sbucati accanto di noi due ragazzi cinesi in monopattino. Uno portava con sé un bambino sugli otto anni. Che singolare passeggiata, ho pensato: con questo caldo, dietro al cimitero con un bambino.
Uscire sul viale dove le auto sfrecciano a ottanta all’ora è stato un sollievo: tornare a Milano, dopo avere toccato un crinale. Non segnato su Google Maps. Il silenzioso confine con il cantiere della città dei morti. Vattene, diceva secco il divieto di accesso. Vattene, mi ha intimato quel grosso tafano nero.
In un’ora di solstizio bollente – perfino i mattoni del perimetro del Monumentale, ne sono certa, ne erano intiepiditi – la nostra fine si presentava così invalicabile, così spaventevole – sul limitare della città dei morti.
Tuttavia, ho notato che le foglie chiare dei pioppi all’angolo col viale Nono fremevano di un inaspettato vento. Cento metri dopo, l’aria di nuovo immobile.
La quale cosa mi ha meravigliato.