una fogliata di libri

Finché la vittima non sarà nostra

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Dimitris Lyacos, il Saggiatore, 272 pp., 19 euro

Agghiacciante e osceno, e perciò tremendamente umano, ecco come definire il territorio della scrittura di Dimitris Lyacos. Tradotto in Italia con la sua trilogia poetica Poena Damni lo scrittore greco torna grazie al Saggiatore con un viaggio letterario nei recessi più oscuri dell’animo umano, offrendo una riflessione narrativa sulla violenza e sugli abissi che essa spalanca.


Finché la vittima non sarà nostra si pone come sorta di “libro zero”, di prequel, della trilogia poetica. E se prima era la poesia a essere venata di tratti romanzeschi, epici e narrativi, in questo nuovo testo il romanzo fa da colonna portante a visioni oniriche e squarci verticali. Il testo è infatti diviso in 24 capitoli, uno per ogni lettera dell’alfabeto, preceduti da un prologo. Ognuno di questi brani è costruito come una sequenza di montaggio cinematografico al centro del quale campeggia una diversa sfaccettatura della violenza.


Dall’omicidio primordiale evocato nel prologo, ispirato a dinamiche predatorie di tipo animale, si passa all’uccisione metaforica di Abele da parte di Caino, fino a episodi che trattano la guerra, l’esilio, la tortura, la macellazione, la prigionia e la schiavitù. Lyacos utilizza una pluralità di voci narrative per restituire la molteplicità delle esperienze e degli sguardi, spingendo il lettore a interrogarsi continuamente sul confine – spesso labile – tra vittima e carnefice.


Proprio questa rappresentazione della crudeltà esistenziale come dato insieme necessario, ma allo stesso tempo contraddittorio, è forse l’aspetto più potente e disturbante dell’opera. Non ignaro dei richiami all’epica classica greca, che concepiva l’esistenza come un continuo scambio di ire e sofferenze, di brutalità subìte e perpetrate, Lyacos racconta di un mondo di soprusi in cui la furia si manifesta come forza mutevole. Essa si espande e si trasforma, passando dal dominio sul corpo a quello sulla mente, fino a diventare una sorta di rimedio dal dolore stesso, rivelandosi così ancora più insidiosa. Dietro a questo ritratto l’autore sembra suggerire che la violenza sia una sorta di ancestrale misura dell’esistenza con cui la nostra società – apparentemente progredita – non smette in verità di fare i conti. La scrittura di Lyacos è densa, evocativa e frammentaria, alterna monologhi lisergici a dialoghi taglienti, restituendo la complessità di un mondo in cui la sofferenza è insieme origine e destino. Un’opera versatile e profonda capace di parlare al nostro presente con una forza rara. 
    

Finché la vittima non sarà nostra
Dimitris Lyacos 
il Saggiatore, 272 pp., 19 euro

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