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Una fogliata di libri

Non moriamo del tutto, né per sempre. Lettera da una giovane estate

Marina Corradi

Il Monferrato esploso d’estate porta a riflettere su memoria, natura e tempo, evocati da profumi, colori e silenzi. Le rose dell’orto di una vicina scomparsa sembrano suggerire che qualcosa di noi sopravvive, oltre la fine

Primo giugno, Monferrato. L’estate è esplosa in ventiquattro ore. E’ solleone quello che a mezzogiorno continua ad alzarsi in cielo, e traccia le ombre delle case, nette, a terra. La luce e l’assenza della luce, tagliate da una lama. Dalla terra gravida di piogge sale l’afa in un impalpabile vapore. Non un filo d’aria muove i giovani tralci delle vigne in fila parallele, rigorose come se qualcuno avesse pettinato queste colline. E il bucato, in mezz’ora è asciutto, e ci affondo la faccia, a respirare il sole. Sarebbe un gioco interessante, in un giorno così, bendarsi gli occhi e seguire solo l’olfatto. A cominciare dalle folate di gelsomino che da un giardino, all’improvviso, ti sbarrano la strada. Perché si sa che ogni profumo ha la capacità di farsi istantanea memoria – e più rapidamente di ogni parola. Da una cancellata si affacciano esuberanti rose rosso sangue, e anche loro mi uncinano e mi chiamano indietro. Quarant’anni dopo, l’identico profumo di altre rose.


Troppo: è troppo questa estate scoppiata tra le vigne in un giorno. Troppo cobalto del cielo, troppo lucente il lauro delle siepi, troppo intenso il ronzio delle api sui fiori.  Scotta sotto ai piedi la ghiaia del cortile, la stessa che quest’inverno mi scricchiolava sotto ai passi in un fine spezzarsi di aghi di ghiaccio. Lo stesso mondo, lo stesso posto: davvero? La fiamma del melograno è talmente altra dalla nebbia insinuante di novembre, dal fumo dai camini. Nel medesimo punto Gps, due mondi agli antipodi. Ora il tempo che crea l’estate e poi la sua fine, trascina, imperativo, anche me. Il che, in un giugno che si presenta con un colpo di cannone, mi rende pensierosa. Mi fermo di fronte a casa, dove c’era l’orto della signora Iride. C’è solo un prato adesso, ma le rose ai bordi sono rimaste, tutte chiare. E, quante: a grappoli, anche se Iride non c’è più. Il che sembra segno di qualcosa. Che non moriamo del tutto, né per sempre, dicono al tramonto le esuberanti rose di Iride – proprio davanti alla mia casa.

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