una fogliata di libri - overbooking

Sì, anche scrittore

Antonio Gurrado

in Italia si scrive per status, non per arte. E chi scrive male spesso lo fa col massimo dell’autostima. La scrittura come vezzo e non come professione: ma la vera tragedia è quando a sbagliare è chi scrive di mestiere. Dal fraintendimento di uno studente alla fiera dell’ego editoriale

A inizio anni Novanta, a Caserta, uno studente di scuola media domandò all’insegnante di Italiano dove si prendesse la licenza poetica: aveva infatti frainteso e creduto che la licenza poetica – invocata dalla prof. per giustificare qualsiasi deroga formale si concedessero i grandi autori da manuale – fosse un pezzo di carta a mo’ della licenza elementare o della licenza di pesca, “un foglio scritto che permetteva alle persone di trasgredire alla grammatica”. Il ragazzino in questione era in classe con Arnaldo Greco, che lo racconta nell’intelligentissimo E anche scrittore (Utet, 170 pp., 18 euro; ne ha parlato Michele Masneri in un paginone sul Foglio del 3 maggio). Oramai cresciuto, il protagonista dell’aneddoto si sarà forse vergognato di ritrovarsi in un libro o forse no: più probabilmente, farà parte anche lui della caterva di italiani che ha capito come la licenza poetica non venga rilasciata da nessuno, ma si debba concedersela autopromuovendosi, con l’arraffarla e porsela sul capo come Napoleone fece con la corona.

 

Nell’Italia in cui scrivono tutti, sorge il sospetto che la proliferazione di manoscritti e, peggio, di titoli pubblicati dipenda dalla smania di lustrare questa licenza poetica, tipo pergamena da appendere in salotto; in una nazione che ama i signorotti, voler pubblicare o addirittura riuscirci equivale a un todos caballeros per sbizzarrirsi in qualcosa di precluso alla minoranza dei non-scrittori. La storiella mi ha rasserenato poiché, negli anni, talora mi è capitato di editare manoscritti di professionisti di altri settori che, presi dalla smania di finire in libreria, temerariamente cercavano di piegare alle proprie esigenze la sintassi, la grammatica, il lessico o l’ortografia: avevano conseguito la licenza poetica e ci tenevano a farla fruttare. Il guaio è che mi è capitato anche su manoscritti di chi esercitava la scrittura per mestiere, gente che scriveva perché era famosa per il suo scrivere. Ora, però, se togliete il saper scrivere da un vip, uno sportivo, un influencer, un cuoco, un politico o un artista, resta comunque qualcuno che sa fare qualcosa d’altro; ma, se lo togliete da uno scrittore di professione, cosa resta di preciso?
 

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