
una fogliata di libri
Il miracolo
La recensione del libro di Kaveh Akbar edito da il Saggiatore, 152 pp., 16 euro
Già tradotto col suo romanzo Martire! nel 2024, il poliedrico autore irano-americano Kaveh Akbar torna in Italia con una raccolta di poesie edita per il Saggiatore. Specchio di un’intima riflessione sulla fede, nell’accezione più ampia e assoluta del termine, Il miracolo è uno spazio confessionale in cui l’autore, attraverso memorie, luoghi e immagini, dipinge il complesso rapporto tra senso del sacro e mondo moderno.
La poesia di Akbar sembra infatti sprigionare da una collisione tra ancestrale e contemporaneo nella quale l’epica di un credo arcaico – che fonde sincreticamente gli immaginari di più religioni – si mescola allo stridore della metropoli odierna, alla sporcizia e alla mediocrità del presente. Il nostro tempo appare in abbandono, privo di coordinate (“Gli algoritmi per vivere / sono sempre stati / deliziosi e vuoti”) e preda di una sorta di intossicazione fisica e interiore (“bicchiere-da-whisky, flaconi di pillole, l’oleandro / di mia madre – dolce e / sempreverde ma tossico in ogni / sua parte”) che riduce l’umano a “una lunga disperazione da riempire”. In questa realtà talvolta cruda e violenta non c’è così spazio per il miracolo, che sembra appunto sfuggire sempre di più, portando via con sé una prospettiva salvifica o di beatitudine rimossa dall’orizzonte del visibile proprio a causa della lontananza che divide il nostro presente dal sacro e rituale.
Tuttavia, se è vero che da un lato da questa dimensione terrena il miracolo sembra dileguarsi (“No. Gabriele non verrà per te” e ancora “La parola di Dio è melodia che già ho cantato e dimenticato”), è proprio nel rimosso di questa stessa realtà che esso sembra riaffiorare. E’ infatti nel residuale, nel deiettivo, nell’inorganico che popola i testi di Akbar che sembra attuarsi un’inversione di rapporto col sacro: in un mondo regnato da forze maligne, la divinità si manifesta invece nello scarto, nell’imprevisto, nel trepidante brusio della città o nella risata genuina che prorompe durante la funzione religiosa, nello “scarafaggio vittorioso nella barba”.
O ancora è anche la dimensione familiare, memoriale, linguistica (e dunque poetica) che permette la sopravvivenza della grazia: nel padre e nella madre in cui vive un’identità culturale meticcia e fondamentale, e nel lessico privato che traduce e addomestica il mondo. Osando anche una sperimentazione che va dal poemetto in prosa alla versificazione grafica, Akbar scrive una raccolta che colpisce per ricchezza formale, profondità e leggerezza.
Kaveh Akbar
Il miracolo
il Saggiatore, 152 pp., 16 euro


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