Il minotauro, George Frederic Watts,1885 (Wikipedia) 

una fogliata di libri

Il Minotauro nella stanza

Michele Silenzi

Il racconto di Dürrenmatt "Il Minotauro" va letto sicuramente perchè bello, ma anche perchè ci permette di estraniarci momentaneamente dalla schizofrenia del mondo circostante e di approfondire quello interiore 

La nota frase di Pascal secondo cui tutta l’infelicità umana deriverebbe dall’impossibilità di ciascuno di starsene chiuso in una stanza, come tante frasi che colpiscono per la loro perfetta sapienza, ha un sapore disumano. Starsene chiusi in una stanza ben equivale a starsene chiusi in una bara. Cosa ci starebbe a fare uno, nel mondo, se deve starsene chiuso da qualche parte? Poi certo, Pascal intendeva che lì, in quella stanza, si potevano fare attività speculative meravigliose, e soprattutto si poteva imparare a starsene soli con i propri pensieri, con le proprie angosce, con i propri dolori. La vita, però, è sempre là fuori. Sappiamo bene che quanto più si prova angoscia, tanto più si cerca di sfuggirle tramite una qualche forma di compulsivo attivismo. Allo stesso tempo è proprio questa tensione vitale, in bilico tra entusiasmo e disperazione, che ci porta ad agire, a superare noi stessi, a trascenderci, a voler migliorare la nostra condizione, a “realizzarci” (parola orrenda) che altro non significa che tentare di diventare noi stessi (scopo di tutta una vita che termina, fortunatamente e inevitabilmente, prima di raggiungere l’obiettivo).

D’altro canto, oggi è il mondo a seguirci dovunque. Scrolla uno schermo, batti su un tasto, lo smartphone vibra. Notifica. Sei desiderato qui. Sei indispensabile di là. E’ ovvio, è il nostro mondo, e con orrore si respingano sociologismi che richiamano alla lentezza, alla pretenziosa contemplazione ecc. Eppure è un fatto che questa situazione renda sempre più difficile, ai limiti dell’impossibile, “starsene chiusi in una stanza”. Questo semplicissimo atto, nonostante tutto necessario, richiede un titanico sforzo di volontà. Richiede gesti (staccare il telefono, allontanare qualsiasi dispositivo capace di notifiche, ecc.) che si fanno ma non si dicono perché il solo dirlo, figuriamoci scriverlo, ci fa temere lo chic un po’ radical a piedi nudi sull’erba che rischia di albergare in ciascuno di noi. Ma, nonostante ciò, dobbiamo riconoscere la “necessità della stanza”. E’ anch’essa, infatti, una fondamentale esperienza di mondo.  

La stanza, però, va costruita. Come? Per formazione direi: di notte con un libro. Quale libro? Come sempre, quello che si preferisce. Nella stanza, forse, non si devono portare i grandi romanzi, perché in quel caso si entra in un altro vasto composito mondo da inseguire. Neppure i saggi, che ci servono come guida attiva per il mondo là fuori. La lettura per la stanza allora sembra essere il racconto breve. Racconti brevi per davvero, brevi non necessariamente di pagine, ma che contengano un unico respiro: capaci di racchiudere in un’istantanea una totalità con la sua inesauribile puntuale durata. Questa concentrazione puntuale, questo raccoglimento di forza, questo annientamento del tempo, questa momentanea uscita dal mondo, mi sembra l’esperienza della stanza. 


Un simile racconto è “Il Minotauro” di Dürrenmatt. Il sulfureo svizzero ripensa l’intero mito e colloca la bestia umana in un labirinto di specchi. In poche pagine si concentra l’intero arco dell’universo del Minotauro dalla sua danzante formazione, alla conoscenza bestiale e gioiosa della bellezza che si distrugge involontariamente per troppo piacere e trasporto; e poi il confronto con un nemico che non si può conoscere e si accoglie come un compagno di giochi; e ancora l’inganno, la ferita, la morte. 

 

Il Minotauro (la sua stanza, il suo labirinto) è come un vaso greco nella sua unità circolare. In una circonferenza di poche pagine si svolge un intero ciclo cosmico. Ma per entrarvi è necessaria non una sospensione dell’incredulità ma una sospensione del tempo della nostra vita. Solo con un atto del genere si può entrare in un’altra storia, in un’altra dimensione: quella del racconto ovvero dell’istante, quando la parola letta diviene pura azione e la stanza mondo. Le parole allora divengono tutto ciò che ci circonda, rallentando fino al silenzio.